Per analizzare con lucidità la stagione del Napoli che, ad oggi, ha il sapore amarissimo di un cocente fallimento, non possiamo esimerci dall’osservare questo dato: 30 gare di campionato, 23 vittorie, 5 pareggi e 2 sconfitte.
Oggi si impreca, ci si rammarica, ma precisamente per che cosa? Per non aver sfruttato appieno tutta la rosa a disposizione di Sarri? Per essere a -4 dalla Juventus? Per essere fuori da competizioni quali l’Europa League e la Coppa Italia? Per il fatto di correre il serio rischio di terminare la stagione con zero titoli?
La domanda è la seguente: possiamo permetterci di criticare una squadra che raccoglie 74 punti in 30 partite?
Zero recriminazioni
In questo articolo, pubblicato dalla nostra testata, si mette in discussione l’efficienza della gestione della rosa da parte di Sarri ma, è verosimile pensare che applicando sistematicamente una pianificata alternanza tra calciatori, il Napoli avrebbe potuto raccogliere in campionato più punti di quelli che attualmente ha?
Siamo dinanzi ad un dato eccezionale che, in un modo o nell’altro, stronca sul nascere ogni forma di critica. Se avesse giocato Tizio, se avesse giocato Caio, se avesse riposato Sempronio, finiscono per diventare recriminazioni prive di senso nel momento in cui consideriamo pura utopia immaginare di poter fare di più in termini prettamente numerici.
Non è forse è più opportuno pensare che il Napoli non è primo in classifica semplicemente perchè la Juventus ha battuto se stessa e i suoi già straordinari record?
Dietrofront di Sarri?
“Scudetto? Vogliamo gli 87 punti”. A margine del pareggio di ieri, questa frase ha fatto imbestialire i tifosi. Ma perchè Sarri si è espresso in questi termini? Forse lo ha fatto per togliere pressione alla sua squadra ma lo ha fatto anche perchè vuol mandare un messaggio chiaro a tutti coloro i quali hanno sulle labbra la parola fallimento e sarebbero pronti a pronunciarla qualora l’impresa non riuscisse.
Sia chiaro: il Napoli ha inseguito un sogno, ha sperato in una impresa. Sogno. Impresa. Termini che non hanno i connotati della consuetudinarietà. E’ vero che l’appetito vien mangiando ma è altrettanto vero che non bisogna dimenticare che ad inizio anno il Napoli aveva sulla tavola un piatto di pasta asciutta, la Juventus un intero buffet.
La straordinaria stagione del Napoli in termini di qualità di gioco e punti ottenuti non va, dunque, assolutamente sminuita. Sul campionato di serie A, alle spalle di una Juventus insuperabile, non può riversarsi nessuna forma di rincrescimento.
Il cruccio delle altre competizioni
Si dirà: queste erano due competizioni alla portata del Napoli. Vero. Ma anche in merito a ciò va fatto necessariamente un passo indietro.
Al di là dell’exploit iniziale del Napoli, Maurizio Sarri sapeva fin dal principio di dover fronteggiare una corazzata in campionato. Ed il primo posto che gli azzurri hanno tenuto stretto al petto per tanto tempo, in fondo, ha sorpreso anche lui.
Sarri conosceva la forza globale della Juventus e temeva una sua rimonta. E’ questo il motivo per cui ha faticato tantissimo a muovere le sue pedine dal campo? E’ questo il motivo per cui lo scacchiere azzurro è rimasto praticamente sempre invariato? Probabilmente si. Sarri ha voluto mettere in cascina quanto più fieno possibile e lo fa fatto affidandosi agli unici uomini che ha ritenuto capaci di farlo.
Cosa avrebbe detto chi sostiene la tesi inversa (avallando il turnover in campionato) se Maurizio Sarri avesse fatto giocare le riserve e non avesse ottenuto i punti necessari per rimanere davanti alla Juventus per trequarti di campionato? Si sarebbe parlato di fallimento molto prima di adesso.
A conti fatti – però – questo grande sforzo ha compromesso la partecipazione del Napoli alle altre competizioni. Questo è un dato di fatto, indubbiamente una macchia indelebile sulla stagione azzurra.
Il mancato turnover e il danno alla Società
La questione sul mancato turnover va posta ma in altri termini. Scenario della problematica è forse quella stanza molto lontana dal terreno di gioco, quella in cui Aurelio De Laurentiis ha lamentato a Maurizio Sarri la mancata valorizzazione di investimenti importanti fatti dalla Società: su tutti i 13,5 milioni spesi per Rog, 25 milioni per Maksimovic, 10 milioni per Ounas. Questione che incarna la divergenza più grave tra i due.
Desiderio di chiarezza
La stagione in corso sta dunque prendendo una brutta piega in termini di concretezza, si rischia davvero di essere beati e vacanti. Ma sarebbe il problema meno grave. D’accordo, il Napoli rischia di non vincere nulla ma al termine di tutte le competizioni vedremo quanti club italiani saranno sul podio.
Piuttosto, la luce noi crediamo vada accesa sugli intenti di chi possiede il Napoli e di chi vi lavora. Un alone di mistero che affonda radici all’estate scorsa ma estende i suoi confini anche alla stagione successiva.
Chi è stato l’artefice della campagna acquisti l’estate scorsa?
Da come Sarri ha gestito la sua rosa, ci risulta difficile pensare che sia stato lui. E perchè il mercato di riparazione di gennaio è stato così fallimentare nonostante il mister toscano per la prima volta si sia esposto in merito alla questione?
Segnali poco rassicuranti. Segnali di divergenza progettuale.
In questo tran tran, il sogno scudetto continua il suo viaggio: dapprima nascosto nell’intimo di uno spogliatoio, poi trapelato attraverso spifferi giornalistici, infine confessato dai tesserati in momenti di euforia.
Adesso è fermo alla stazione di servizio. Non sappiamo se ripartirà, e nemmeno dove fermerà la sua corsa.
Staremo qui ad osservarlo, cogliendo ogni piccolo scricchiolio delle sue arruginite rotaie, con un occhio al domani nella speranza si accendano presto i fari su un futuro che ci è poco chiaro.