Durante il lungo viaggio che mi ha portato a Dimaro un domanda ha assillato la mia mente: che atmosfera troverò nel piccolo centro trentino? L’aver portato a guidare gli azzurri uno dei tecnici più blasonati al mondo riuscirà a far esplodere di entusiasmo nei tanti napoletani presenti in ritiro?
La risposta – almeno per il momento – è no.
Vero è che il primo giorno di ritiro è sempre stato mesto, sottotono e non ha mai fatto registrare un elevato numero di presenze di tifosi; Vero è che molti volti noti di questa squadra (Da Koulibaly a Mertens, da Milik a Zielinski), non hanno ancora messo piede in Val di Sole; Vero è che il caso ha voluto che proprio nel giorno in cui il Napoli cominciasse la sua nuova avventura la Juventus ufficializzasse l’acquisto del secolo;
Ma è altrettanto vero che non sono stato bagnato da emozioni nuove, particolari, adeguate alla potenza del botto esploso da Aurelio De Laurentiis.
Il clima grigio e piovoso ha dato il suo contributo affinchè questa mia sensazione rafforzasse le sue corde, che però erano già belle tese.
Non mi va di cedere a trionfalismi o enfatizzazioni, la sensazione è quella della delusione.
L’allenamento comincia alle ore 17,30, tifosi in tribuna ve ne sono, come ogni anno, gente perbene, famigliole e tanti bambini. Gli accenti partenopei piegati sotto i colpi di lunghe permanenze lontano da Napoli ci fanno intendere si tratti di tanti residenti al nord.
Quando gli azzurri entrano sul terreno di gioco un timido applauso li accoglie. La seduta ha inizio ma sulle tribune cala il silenzio.
I calciatori sono somaticamente imbalsamati, diventa complicatissimo cogliere sfumature degli umori: comunicano raramente tra di loro ed hanno espressioni facciali simili alle pitture parietali degli egizi.
Sembrano inibiti come gli alunni che vengono messi assieme in aula per la prima volta.
Carlo Ancelotti, seppur profondamente diverso da Maurizio Sarri, veste la stessa tuta. Passo cadenzato – il suo – zero sorrisi, sguardo accigliato. Nessuna accezione negativa a quello che dico, è congenito, fa parte del personaggio. Lui nell’aspetto è burbero, come il cielo grigio che scaraventa sugli azzurri alle prime fatiche qualche spruzzo di acqua piovana.
Ho assistito ad una seduta sostanzialmente tecnica: passaggi, palleggi, scambi di prima, tocchi e tocchetti.
Tutti coloro che aspettavano questo momento per scoprire le carte relative alla tattica sono rimasti delusi. Se ne riparlerà nei prossimi allenamenti.
L’atmosfera continua ad essere strana. La seduta termina, i calciatori guadagnano gli spogliatoi e il primo a ricevere un coro di incoraggiamento è Lorenzo Insigne. Segue il capitano, quel Marek Hamsik che qui ha lasciato un pezzo di cuore così grande tanto da riuscire a non essere scalfito nemmeno dalla palesata (e non concretizzata) volontà di andar via.
Ma la vera notizia è che a Carlo Ancelotti è stata riservata apparente indifferenza.
Inusuale, strano assai.
Nel cielo il sole è assente e sul terreno di gioco mancano le ombre. L’unico ad averla è proprio il tecnico di Reggiolo.
Sarà quella di Maurizio Sarri?