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Vade retro… stampa!

Sono tanti i meriti di Aurelio De Laurentiis, non c’è dubbio. Chi non lo riconosce, non ha la minima idea di come si gestisca una società sportiva professionistica. Non è facile. Oltre alla disponibilità economica di partenza, servono tutte le caratteristiche dell’imprenditore di razza: fiuto, abilità, una certa sagacia e, soprattutto, lungimiranza. Eccole, sono queste le frecce più appuntite riposte nella faretra del presidente azzurro.

Non è da tutti rilevare un sodalizio, ancorché blasonato, come il Napoli e portarlo dalle “stalle” della serie C ad una presenza pressoché stabile nelle ultime cinque stagioni tra le prime quattro squadre del campionato italiano, come non è per niente facile conquistare e consolidare un’altrettanto stabile vetrina europea con vista sul golfo.
Dal Napoli di Benitez, a quello di Carletto Ancelotti, passando per il triennio del “Comandante” Maurizio Sarri, di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta, e il brand Napoli ha costantemente acquistato valore, e prestigio anche.

Un trend positivo che affonda le sue radici in un’attenta gestione societaria, con la messa in sicurezza dei conti, e nella scelta di uno staff capace, che ha premesso al “grande regista” di realizzare invidiabili plusvalenze dalla vendita di molti calciatori. Così il presidente ha costruito negli anni le sue fortune sportive, che oggi gli conferiscono i galloni per presentarsi ai nastri di partenza della stagione ormai alle porte con una rosa di prim’ordine e un allenatore di caratura planetaria. Ma, si sa, nessuno è perfetto. Nemmeno il presidente De Laurentiis.

I problemi iniziano quando, anche sommessamente, qualcuno glielo fa notare. La stampa, di solito. Da qui nasce quel rapporto che di idilliaco non ha proprio nulla tra il numero uno di Via Del Maio di Porto 9 e i media sportivi locali, e nazionali. Da quella sorta di schizofrenia comunicativa che porta ADL ad alternare, con metodica ineluttabilità, uscite (dichiarazioni, tweet, interviste e quant’altro) lucidamente pacate e irreprensibili a momenti in cui, fatalmente, scivola… sopra le righe.

L’ultima puntata dell’annosa diatriba si è registrata durante il ritiro di Dimaro, quando il presidente ha messo all’indice con un “cinguettio” tre colleghi napoletani, mentre poco dopo venivano letteralmente stracciati gli accrediti stampa riservati ad un’altra testata locale. Intendiamoci, che i rapporti tra società sportive, di qualsivoglia livello e categoria, e media sono sempre piuttosto tesi, se non burrascosi, soprattutto quando tra le parti non vi sia un supino asservimento dei secondi a tutto vantaggio delle prime (cosa, peraltro, che in alcuni casi è palesemente vera). La funzione dei media è compendiabile in un attributo di latina memoria: ancillare.

Si tratta, in definitiva, di una funzione di servizio, che ha lo scopo di informare i lettori rendendo un servizio alla collettività. Tutto ciò è possibile solo a patto che ci sia un profondo rispetto tra le parti, la società sportiva da una parte e i giornalisti dall’altra. Non è possibile, mai, che una delle due sia preponderante, soverchiante verrebbe da dire, rispetto all’altra, pena la distorsione dell’informazione. Una cosa è l’ufficio stampa, altra i media in generale. Se il primo, infatti, risponde direttamente alle imbeccate societarie, gli altri sono (o dovrebbero essere) liberi.

Liberi anche di dissentire, qualora ce ne sia motivo.

I silenzi stampa, il trincerarsi dietro le “fake news”, le liste di proscrizione non portano assolutamente da nessuna parte, se non al muro contro muro e al continuo ed inesorabile logoramento dei rapporti. A danno della collettività (tifosa e non), la stessa alla quale, anche se in modo diverso, entrambe le “parti in causa” devono in qualche modo rendere conto.

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