Terza partita al San Paolo dopo Parma e Inter in campionato per il Napoli di Gattuso, terza sconfitta. Questa volta è la Fiorentina di Beppe Iachini a brindare sotto il naso dei tifosi partenopei, con Chiesa e Vlahovic autori delle reti che sanciscono la “fine” sportiva di una squadra che fino a sei mesi fa era ancora la seconda forza del calcio italiano.
TEATRO “SAN PAOLO” – Un bel salotto, rimesso a nuovo, imbellettato e pixellato ma senza più passione. L’impianto di Fuorigrotta ha la faccia imbelle di un teatro all’aperto: ben arredato, visuale ottima e parquet d’autore. Ma senza tifo non c’è anima. Gli attori sono quelli che sono, gli spettatori non portano più pathos e lo spettacolo ne risente. Il San Paolo è l’effigie triste e malinconica della squadra azzurra, un tempio svuotato della propria energia e dissacrato nella propria magnificenza. Che pena.
LA FINE DI UN’EPOCA – L’ennesima debacle, la quarta del nuovo corso Gattuso, sancisce la fine di un’epoca. Il San Paolo, autentica fortezza di un Napoli padrone, di sè stesso e degli avversari, che aveva negli anni scalato le classifiche fino a divenire sentenza, vera e propria legge marziale per chiunque si appropinquasse alla sua tana, si ridimensiona nella pietosa veste di “terra di conquista”. Un’ intera Era spazzata via dall’infamia, l’antico orgoglio ammainato mestamente, quello del post fallimento e della rinascita sotto il segno di Aurelio De Laurentiis, che aveva riconsegnato il club partenopeo al gotha del calcio continentale. La sensazione che si sia al cospetto di un melanconico sipario è forte, tangibile, concreta. Calano le tenebre sul Napoli, la sua è una morte in diretta ed in slow motion e tutt’intorno una rassegnata indifferenza.
IL TEMPIO DI DIEGO – Il tempio, il San Paolo, di Diego (Demme). Un tempo, il tempio, fu la casa di Diego (l’invincibile ed irraggiungibile), quello vero e autentico. Stasera la gara Napoli-Fiorentina segna comunque l’esordio di Demme in Serie A, una data da consegnare almeno agli Almanacchi e da ricordare per gli amanti della statistica. Il tedesco di origini calabresi non dispiace, si intravede già il tipo di calciatore. Peccato possa poco o nulla di fronte allo sfascio generale, al pianto greco che è il Napoli stagione 2019/20.
QUOQUE TU ALLAN – Al 55′ esce proprio per far posto a Demme. Esce dal gioco ma non resta in campo, anzi si dirige direttamente negli spogliatoi. Una polemica di cui avrebbero fatto tutti volentieri a meno, soprattutto dopo cinquantacinque minuti di una modestia e di una pochezza rare a vedersi su un campo di calcio. Se questi sono i leader del Napoli, c’è davvero da preoccuparsi.
GLI SPALTI D’ORO – Le telecamere hanno indugiato a più riprese su due volti importanti di questo Napoli che si avvicina al tramonto, che ammaina bandiere e vessilli proprio come loro due: Mertens e Koulibaly. Facce incredule, volti dispiaciuti, almeno questa l’impressione vivida che rimane. Volti che si allontanano, che svaniscono nella nebbia, dissolti nella fuligine di una gestione societaria che resta molto discutibile, ma anche nel fumo denso del dubbio che, forse, proprio da loro ci si sarebbe atteso di più.