A Rino Gattuso diciamo grazie, qualunque sia il destino riservato alla sua esperienza napoletana. Ci sentiamo di ringraziarlo – al netto degli errori che ha già commesso da quando siede sulla panchina del Napoli – perché ha acceso la luce in uno spogliatoio che, sino alla gara con la Fiorentina, era così colmo di nebbia da non consentirci di vedere e capire un bel niente.
A seguito delle sue ultime dichiarazioni, per giustificare uno scempio sportivo senza precedenti, non veniteci più a parlare di spogliatoio spaccato. Non attribuite alla mancata coesione del gruppo i disastrosi risultati del Napoli.
La storia del calcio è piena zeppa di spogliatoi disuniti ma vincenti, a partire da quello azzurro del primo tricolore. Il problema non è dunque così futile, non è un inciucio gossipparo, è racchiuso in termini più significativi quali: fame, professionalità, amor proprio, orgoglio.
Gattuso ci è andato giù duro ma ci è piaciuto assai.
“C’è stata mancanza di veleno, mancanza di voglia. Ho visto una squadra che non ha saputo reagire”
Che ne fate delle irritanti, fasulle e ripetute dichiarazioni ancelottiane? Per fortuna – quelle – sono solo un lontano e brutto ricordo. Quelle di Rino Gattuso – invece – hanno tutt’altro peso e, a prescindere dal contenuto, si apprezzano per sincerità.
Sono parole pesanti, molto pesanti. Il tecnico calabrese ha fatto il ritratto di ragazzi turbati che non hanno mordente, che non hanno la capacità di mangiarsi l’erba perché distratti, che si lasciano sopraffare da pensieri di altro genere. Le dichiarazioni vanno dritte a giudicare gli uomini, non i calciatori.
“Ci dobbiamo dimenticare dei tifosi che non cantano e delle multe che non sono state tolte”
Ci ha detto che i calciatori si lamentano, cercano alibi. Criticano il pubblico, oggi silente, incapace di dare supporto. Sono infastiditi e distratti dalle multe, cercano spasmodicamente soluzione a quella problematica, non a quella più seria, quella di classifica. Ci ha fatto un quadro della situazione drammatico: ma voi li immaginate i calciatori azzurri infastiditi dalle multe (onerose per noi comuni mortali, non certo per loro), che litigano tra loro per individuare gli iniziatori dell’ammutinamento, che si informano continuamente di questioni legali, che pensano a dove accasarsi mentre la barca su cui stanno viaggiando rischia seriamente di affondare?
“Per tanti anni non sono mai uscito con certi giocatori ma, in campo, anche se avevo problemi, ero disposto a morire per il mio compagno”
Non c’è limite al peggio. Questa è la dichiarazione più preoccupante, forse anche più delle precedenti: lo spogliatoio è spaccato, in disaccordo. Ma ce ne sono tanti di spogliatoi così, come tutti i gruppi di lavoro, ma non per questo non possono essere vincenti. La cosa triste è che in campo gli azzurri non sono capaci di remare dalla stessa parte per un bene comune. Piuttosto che rimboccarsi le maniche voltano lo sguardo altrove, verso lidi alternativi, laddove la vita risulterebbe più facile.
Insomma, le componenti di questo fallimento sono tante ma, al netto dei contributi negativi di Ancelotti, della società, di Gattuso, del pubblico e della stampa, a questi calciatori mancano gli attributi.
Ma il Napoli di Sarri in albergo a Firenze non disse addio a qualcosa di più importante per lo stesso motivo?