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Campo

Non ci credevano nemmeno loro

Vi scriviamo perché non abbiamo nulla da dirvi.

Quando abbiamo visto la formazione schierata da Gattuso abbiamo sgranato gli occhi. E chi copre il campo? Chi difende? Ci siamo detti. Abbiamo immaginato di subire quelle imbarcate memorabili, di quelle che scatenano critiche che durano una settimana intera. Abbiamo immaginato il povero Meret, miracolosamente schierato titolare (per la nostra gioia), bruciare letteralmente la sua occasione, destinato a raccogliere mestamente chissà per quante volte la palla dalla propria rete. Abbiamo immaginato la coppia di difensori centrali, già destabilizzata da voci di mercato e da una presunta mai scoppiata coesione naturale delle rispettive caratteristiche, essere in balia di avversari inferociti e galluzzanti per le praterie palesatesi dinanzi agli occhi.

Abbiamo immaginato male, molto male.

Meret inoperoso e difesa mai sotto pressione: questo l’incredibile responso del campo. Ma allora, tutte quelle belle chiacchiere sul 4-2-3-1? Tutte le (allora) sensate richieste di un bel bellimbusto lì in mezzo per rendere praticabile il suddetto modulo?

Tutte le croci alla smerza che ci siamo fatti nel ritenere assolutamente inadatti Fabian Ruiz e Zielinski ad occupare la posizione di quei due lì in mezzo avendo davanti una batteria scoppiettante di gente solo predisposta ad offendere, non dobbiamo farcele più?

Diciamoci la verità: abbiamo pensato che anche la presenza di uno solo dei due avesse dato un cazzotto in faccia ai tanto auspicati equilibri di squadra, figuriamoci tutti e due assieme.

Qualcuno ci dirà che il Genoa ha mollato troppo presto e che, quindi, ogni valutazione dell’esperimento tattico di Gattuso deve essere rimandata. In parte è vero. Ma in parte no. Nessuno può sostenere, adesso, con inequivocabile certezza, che è stato il Genoa a mollare e non il Napoli a massacrarlo. Quindi, i meriti del Napoli – in ogni caso – ci sono, sono reali. Gli azzurri hanno incredibilmente sgretolato le convinzioni di tutti.

Forse Gattuso ci ha fatto davvero assistere ad una rivoluzione concettuale vera, quella che disintegra convinzioni passate e, forse, anche limitanti. Forse è proprio vero che prima delle caratteristiche del singolo contano il posizionamento, la corsa, il movimento, contano l’apertura e la copertura degli spazi. Questo concetto moderno ci piace assai, ci sembra tanto innovativo quanto banale, è come se avessimo scoperto chissà cosa ma, in fondo, forse, non abbiamo scoperto un bel niente. Forse il calcio è sempre stato questo, siamo stati noi a volerne circoscrivere la bellezza limitando le potenzialità dei calciatori intrappolandoli all’interno di rigidi schemi.

Forse, chissà. In questo oceano di dubbi – però – una cosa è però certa: l’imprevedibilità di questo gioco è di per sè la sua bellezza. Ci piace immaginare il gioco del calcio come un essere superiore – conoscitore della verità assoluta – che guarda con occhio sornione tutti i comuni mortali che si avventurano in disquisizioni e valutazioni di ogni tipo pronti – magari – ad essere smentiti alla successiva performance.

Il Napoli visto ieri sera ci ha dunque detto che gli interpreti dei due centrocampisti del modulo 4-2-3-1 possono essere anche calciatori come Fabian Ruiz e Zielinski. Chiunque avesse avuto certezze contrarie, dopo ieri sera, non le ha più.

Forse non le ha più. Abbiamo ripetuto questo vocabolo più volte non a caso. Non abbiamo certezze. E non basta fare indigestione di calcio per averne. Magari alla prossima esibizione con questo vestito torneremo a imbatterci nelle tanto detestate praterie e annienteremo tutte le convinzioni maturate oggi. Leggere questo articolo forse vi ha lasciato la spiacevole sensazione di avervi confuso o di non aver imparato nulla di nuovo. Magari – nostro malgrado – è davvero così, ma potrebbe anche essere diversamente.

Potremmo anche avervi trascinato verso la visione di un panorama meno definito, meno neoclassico, più elastico e variabile. Potremmo avervi iscritto al partito di chi mastica calcio e gode della sua infinita bellezza, avventurandosi meno frequentemente verso l’esplicitazione di teorie che non sempre hanno riscontri rigidi ed oggettivi.

Forse vi abbiamo invitati a seguire una strada nuova, quella che non fonde mai oggettività e interpretazione. Forse vi abbiamo invitati a leggerci, noi proveremo a fare questo. Anche se, come accaduto in questo articolo, non abbiamo avuto, apparentemente, nulla da dirvi.

Si misura l’intelligenza di un individuo dalla qualità d’incertezze che è capace di sopportare

[Immanuel Kant]

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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