Una serpentina fulminea dall’esterno del campo verso la lunetta dell’area di rigore, uno sguardo repentino alla porta avversaria, un calcio al pallone, quello solito, talmente consueto da essere imprevedibile. La palla che si stampa sul palo, rilasciando nell’aria il sapore del rammarico.
Lorenzo Insigne non ha concesso agli spettatori nemmeno il tempo di sognare, quella palla che ha finito la sua corsa sul legno ha fatto luce sui limiti tecnici su di una nazionale priva di qualità tecnica, almeno sul terreno di gioco.
Una giocata frutto di un talento innato, ma anche di semplicità, naturalezza, istinto. Una giocata inutile ai fini del risultato, un gesto balistico che non ha prodotto il gol che avrebbe meritato e non ha consentito alla nazionale di portare a casa la terza vittoria nel campionato europeo di calcio in Francia. Anzi, la giocata dello scugnizzo di Frattamaggiore, non solo non è stata premiata dal fato, ma è stata il prologo alla frittata che di lì a poco ha sfornato la fino a quel momento collaudata difesa azzurra.
Un fendente dalla destra spiovuto nell’ area di rigore degli uomini di Conte ha colto impreparata la retroguardia azzurra aprendo il viatico alla meritata vittoria irlandese.
Una sconfitta che non ha gettato l’Italia nel buio cono dell’insignificanza, una condizione già preesistente, anche se mascherata e nascosta da vittorie ed esultanze.
Una nazionale italiana non solo dal punto di vista letterale, ma anche ideologico. Una squadra tutta difesa e contropiede, impostata al non-gioco e alla distruzione di quello avversario. L’idea tattica è limpida: muscoli, fisicità e solidità difensiva in campo, estro, talento ed imprevedibilità divisa tra panchina e casa. Una scelta ben precisa: sul podio dei premiati ci sono il suo imprescindibile credo tattico (3-5-2) e la fiducia riposta in un gruppo storico, a discapito di innovazione, gioventù e fantasia. Una impostazione discutibile ma non condannabile in quanto non necessariamente foriera di sconfitte e fallimenti.
L’Italia non è bella, non piace, non diverte, non entusiasma, ma è prima nel girone e qualificata già prima della brutta sconfitta di ieri sera. Il post-gara è amaro, ma non disgustoso come lo spettacolo visto in campo, e le dichiarazioni alla stampa sono in agro-dolce. Il commissario tecnico ingoia l’amaro boccone ma giustifica i suoi uomini con un laconico “non ho nulla da rimproverare ai ragazzi”.
Lorenzo Insigne, invece, si ingessa in frasi condite di politichese, ma una frase sfugge all’imposta regola, aprendo interessanti spiragli colorati d’azzurro, stavolta quello del Napoli: “Il mister sa che amo giocare tra le linee”.
Che sia questa l’apertura verso una conversione tattica? Che sia il preambolo affinchè a Dimaro riprenda il fallito tentativo di far giocare Lorenzo da trequartista? Il palo colpito ieri sera da Lorenzo Insigne ha aperto squarci di ottimismo all’interno delle mura grigie di casa Italia, ma forse la giocata più interessante del talento napoletano è stata un delizioso assist a Sarri.