Il caldo c’è, l’afa anche. Anche in anticipo rispetto ad una prassi che può ritenersi normale. Ma il termometro del tifo azzurro segnala temperature alte per motivi diversi da quelli atmosferici.
Il Napoli, oggi, è il Napoli, l’orgoglio del tifoso napoletano, la faccia pulita e vincente che il napoletano ha in passato dovuto nascondere sotto la sabbia perchè infangata, sporcata, macchiata, resa lurida da negatività troppo spetto accostate alla nostra città.
La medesima faccia che oggi giorno grazie al calcio nostrano si mostra con orgoglio e fierezza. Leggere negli occhi dei napoletani, spesso sofferenti e provati, l’amore per quella maglia, non ha prezzo. Vedere i giovani napoletani immedesimarsi ed amare la squadra della propria città è la conquista più grande ottenuta dalla società capitanata da Aurelio De Laurentiis.
Eviteremo di essere petulanti e ripetitivi, ma non possiamo esimerci dal dire che la scalata del Napoli dal nulla al tanto è stata davvero fulminea. L’abbandono di mortificanti sabbie mobili e la conquista di palcoscenici che hanno indotto ad indossare abiti da sera e frac sono stati processi davvero rapido. Napoli si è lavata la faccia con acqua di sorgente e senza solventi, abituata agli stenti e maestra nell’arte dell’arrangiarsi, così come la sua storia insegna.
Dalla inadeguata e mortificante serie C al blasone di oggi, l’escalation è stata repentina e costante, la gestione monarchica della società, seppur acusticamente sgradevole, è stata eccellente, le scelte azzeccate, quasi tutte, da quelle squisitamente tecniche a quelle organizzative.
A Re Aurelio va dato quello che merita: al netto di piccoli ed ininfluenti errori, il numero uno del Napoli ha avuto la capacità di accrescere anno dopo anno il blasone (per gli amanti del romanticismo), ma soprattutto il fatturato della sua creatura dai “miseri” 10 milioni di euro di allora ai circa 125 milioni di euro di adesso.
Quando il ciuccio era in tenera età, ci riferiamo all’annata 2005, il primo bilancio della S.S.C. Napoli fu, appunto, di appena 10 milioni di euro.
Oggi, la situazione si è incrementata quasi del 130%. Un notevole successo.
Nonostante ciò, lo hanno definito un imprenditore disaffezionato, un pappone insensibile, un egoista da cacciare via a calci nel sedere, ma è innegabile ADL sia stato un eccellente stratega. La crescita del Napoli è sotto gli occhi di tutti e sarebbe profondamente ingiusto non riconoscerlo.
Ma i napoletani non sono stupidi. I napoletani hanno l’occhio lungo e l’intuito smisuratamente accresciuto. Il ciuccio ha galoppato forte, sbugiardando la sua stessa impresentabile e poco rassicurante immagine, raggiungendo risultati economici/sportivi insperati, e finanche un incredibile tricolore se non avesse avuto davanti una Juventus che ha battuto tutti i record.
Ma sarebbe stata tuttavia stata una vittoria estemporanea, bella ed indimenticabile, ma comunque casuale ed eccessiva in rapporto alla sua dimensione, proprio come quella dell’indimenticabile Napoli maradoniano, che ha poi lasciato spazio al tracollo, sia sportivo che economico.
Il Napoli di De Laurentiis è riuscito a rimanere a galla del calcio che conta e a non affondare nell’insignificanza del torneo soltanto grazie a riuscitissime plusvalenze (Lavezzi e Cavani su tutti) e a miracolose qualificazioni Champions, preziosi di lusso indossati da una discreta indossatrice. L’occhio di bue, dunque, non deve distogliere il suo fascio luminoso da quella che è la questione che realmente interessa: individuare l’indotto economico, il percorso da intraprendere affinchè il Napoli aumenti ulteriormente il suo fatturato e conseguenzialmente il suo potenziale tecnico e le speranze di vittoria sul campo.
Ed in merito a ciò, la preoccupazione odierna dei tifosi è legittima. Il Napoli è fermo al palo. La generosa e sempre efficace capacità dialettica di Aurelio De Laurentiis negli ultimi tempi è sempre meno suffragata dai fatti, a partire dall’annosa e mai chiarita questione stadio (uno dei pochi indotti potenzialmente validi), a finire al teorico sviluppo di un settore giovanile degno dei risultati sportivi che è stata capace di raggiungere questa squadra.
Il Napoli è uscito dalle sabbie mobili che lo attanagliavano anni fa, ma nella melma vischiosa ed appiccicosa vi è finito il suo Presidente, chiuso in un vicolo cieco, aggrappato alla sua dialettica a cui ha affidato l’arduo compito della giustifica, e allo studio di fattibilità di strade di fuga alternative.
La strategia barcolla. I primi approcci a calciatori desiderati sono stati fallimentari, ma a preoccupare non sono i “no” ricevuti, quanto piuttosto i target cui appartengono gli atleti stessi. I vari Lapadula, Vrsaljko, Klaassen, Zielinski, rispondono al prototipo di calciatore da acquisire e valorizzare sino alla piena consacrazione. Insomma, valide alternative ai titolari e non sostituti degli stessi in quanto qualitativamente migliori.
Dunque, anche Aurelio De Laurentiis (avendo già rilasciato dichiarazioni del tipo: “difficile migliorare questa squadra“), ha compreso benissimo che se la situazione strutturale del Napoli non subirà incentivi e innovazione, difficilmente potrà vivere un futuro più roseo di quello che attualmente vive (clicca qui per visionare il bilancio del Napoli e le sue prospettive di crescita). La preoccupazione tra i tifosi del Napoli sale, anche in virtù dei milionari introiti cinesi nel nostro calcio. Il ciuccio è stanco, chino sulle sue stesse zampe ed in cerca di nuove energie. Il respiro è affannoso, nonostante il suo padrone provi a tirarlo su giustificando mancati arrivi di spessore con la volontà di salvaguardare il materiale tecnico già in rosa.
Nascondere i propri limiti dietro una frase condita da illusorio altruismo non ci è affatto sembrata la migliore delle scuse proponibili. La vettura ha dato il massimo. Adesso per spingerla oltre le sue possibilità bisogna potenziarle il motore.