La Roma, Francesco Totti e Luciano Spalletti, compongono il triangolo che durante settimana che sta per terminare si è reso quasi famoso come quello delle Bermuda.
La storia è nota a tutti: nella Roma “il capitano” non gioca, il calciatore pretende spazio, l’allenatore non gliene concede.
Dove sta la ragione e dove il torto? Ci potrebbe interessare veramente poco la questione, a meno che la nostra attenzione non finisca per cadere su di una riflessione indotta in chiave Napoli.
La doppietta segnata da Francesco Totti, nell’ultima gara interna di campionato contro il Torino, ebbene si, proprio quella che ha concesso alla lupa di sfiorare gli zoccoli del ciuccio potrebbe rivelarsi, a proposito di animali, una brutta gatta da pelare per l’ambiente Roma.
Ragioniamo su dati di fatto: la Roma quella gara l’ha vinta e Totti ha segnato due gol in cinque minuti. Quella doppietta ha acceso tutti i riflettori su di lui, lo ha di colpo fatto riemergere dal buio della panchina, gli ha ridato un lustro opacizzato dall’atmosfera grigia respirata domenica dopo domenica dai non titolari.
La stessa doppietta che fa rima con doppiezza, quello sdoppiamento sentimentale che ha pervaso Luciano Spalletti nell’immediato post-gara di Roma-Torino: la gioia per la vittoria della sua squadra e al tempo stesso la rinnegazione della personalissima teoria tottiana.
Rammarico Totti dunque? Forse no. E’ altrettanto vero che una bandiera indiscussa ed indiscutibile come lui, giustamente incoronato Re di Roma per quello che ha fatto in carriera, abbia ormai quasi 40 anni, che continui a possedere qualità tecniche impressionanti non più accompagnate però da una fisicità competitiva, e che il suo allenatore, che non soffre di manie di persecuzione, lo abbia tenuto in panchina a lungo plausibilmente per il bene della squadra.
Riduttivo, dunque, sbattere in prima pagina una doppietta realizzata in cinque minuti e magari, lasciar cadere nel dimenticatoio minuti giocati senza incidere.
Un riposo “forzato” che il capitano silenzioso ha covato e mal digerito fino al seguente rigurgito sonoro: “pretendo rispetto”.
Un’uscita di cattivo gusto, secondo noi. Una pretesa ingiusta nei confronti di chi guida la squadra, e soprattutto dei compagni, scesi in campo al suo posto ma con lo stesso intento, fare cioè gli interessi della Roma.
Forse, il rispetto, quello vero, è quello che sta dando Maurizio Sarri al Napoli, che è molto simile a quello che stanno dando i calciatori del Napoli a Sarri. Insomma, il Napoli rispetta il Napoli. I mugugni non mancano, ma sono sopiti, le insoddisfazioni esistono ma si controllano, le esigenze stroncate presenziano ma si rendono invisibili, il tutto a vantaggio di un bene comune, quello del Napoli.
Brava la società, bravo lo staff tecnico, bravi i calciatori, bravi tutti, non Totti. Il suo ultimo exploit ha ridato ossigeno alla Roma, ma il suo egoismo potrebbe nuovamente creare flussi d’aria pesante. Il Napoli ha la sua bandiera? La disquisizione è aperta. Sull’altra sponda forse lo è meno, Totti è solo la bandiera di se stesso.