Integralismo eccessivo, improvvisazione tattica, mancanza di polso. Sono solo alcune delle critiche, talvolta feroci e dirette, che Rafa Benitez ha portato via con sè lasciando Napoli l’estate scorsa.
Quelle accuse, oggi, sembrano il riverbero di una eclatante verità.
Rafa ha lasciato Napoli portandosi dietro numerose critiche, ma in cambio ha lasciato in città una immagine, la sua immagine, quella di un allenatore capace ed apprezzato in tutta Europa.
La retrocessione del Newcastle dalla Premier League alla Championship è la macchia più grande che si potesse formare sul curriculum dell’ex tecnico del Napoli.
Giunto in Inghilterra a campionato quasi concluso, Rafa Benitez non è riuscito nell’impresa. Il Newcastle retrocede inesorabilmente.
Ma a chi ha seguito le sorti dell’allenatore di Madrid da quando non è più alla guida del Napoli non è ovviamente sfuggita nemmeno la gloriosa (almeno in partenza) avventura di Rafa Benitez alla guida del Real Madrid.
Il suo passaggio alle Merengues aveva dapprima inorgoglito i tifosi del Napoli, un vero onore essere costretti a rinunciare al proprio allenatore per consentirgli di sedere sulla panchina del club più ricco del mondo.
Ma poi un susseguirsi di cattivi pensieri: la presentazione in pompa magna nella capitale spagnola, le sue lacrime di commozione, la postura impettita tipica di una star, e per finire la dieta, implosione dettata da pressioni interne.
Scene che hanno sgonfiato gli entusiasmi degli estimatori lasciati a Napoli e gonfiato l’autostima del personaggio, al punto da farlo però esplodere in uno fragoroso ed inaspettato esonero.
L’avventura nella città natale alla guida del Real Madrid, dopo un sogno durato una vita, si volatilizza dopo appena cinque mesi.
Dall’ombra post Real, Rafa decide di uscire nella maniera più rischiosa possibile: provando a salvare dalla retrocessione il Newcastle invischiato nei bassifondi della classifica del campionato inglese.
L’impresa è ardua, il destino scritto. L’addio alla Premier avviene addirittura con una giornata di anticipo dalla conclusione del campionato.
In due anni Rafa Benitez nella classifica degli allenatori in vetrina ha fatto un salto all’indietro inimmaginabile, assolutamente impensabile per uno che non è propriamente l’emblema dell’atleticità.
Dagli allori del Chelsea agli imbarazzanti fallimenti di Madrid e Newcastle. E’ stato quasi come stracciare mezzo curriculum.
Il partito dei contestatori napoletani gongola. Quello di chi non lo ha amato, anche. La loro teoria sembrerebbe aver vinto.
Ma i “Rafaeliti” sono come i tifosi azzurri incalliti, rimangono tali anche in serie C.
Noi restiamo della idea che Rafa Benitez sia stato produttivo per la piazza di Napoli. Il suo spessore, la sua popolarità, il suo background, hanno fatto si a Napoli arrivasse gente come Higuian e Callejon. Il suo intuito e la sua competenza ha portato all’ombra del Vesuvio gente come Mertens e Koulibaly.
Ma c’è dell’altro. Ed il risultato del terreno di gioco c’entra davvero poco.
Benitez ha unito la sua immagine alla città di Napoli, ha lavorato sodo sul campo, ma anche lontano dal terreno di gioco. Ha combattuto spesso guerre dialettiche in Tv contro nemici “mascherati”, o battaglie silenziose e subdole molto più radicate, come quelle lanciate ad una mentalità troppo provinciale e datata, spesso dannosa e poco proficua per la squadra.
Facile contestare. Semplicissimo condannare. Molto più complesso cogliere l’assist di qualcuno che ci ha servito un pallone d’oro e far gol.
Il contributo più grande che Rafa Benitez ha dato a Napoli non è stato escogitare qualcosa, ma semplicemente esserci.
Noi Rafa lo ricordiamo soprattutto per questo. Per averci donato il sogno di far nostra una cultura sportiva tutta nuova. La stessa che ha indotto i tifosi del Newcastle a dedicargli un simile manifesto nonostante l’ amara retrocessione.
La divulgazione del bene è sempre un successo, al di là del risultato.