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Partenopeismi

L’oro di Napoli non ha prezzo

Il calciomercato è già iniziato e intorno al Napoli circola la solita voce che vuole il campione di turno lontano da Fuorigrotta. Quest’anno, manco a dirlo, è il turno di Gonzalo Higuaìn.

Come in campagna elettorale, l’ambiente napoletano è diviso tra passionali e ragionatori, e nella piazza virtuale di un ipotetico talk show, si illustrano le ragioni dei favorevoli e dei contrari alla cessione del Pipita.

Ma per comprendere quale debba essere la strada giusta da seguire non sprecheremo energie, è l’essenza del gioco che insegna: la passionalità non può aver gioco della ragione. Gonzalo Higuian non può smettere di dar linfa a questo Napoli, non adesso.

Immaginiamolo via da Napoli per un istante. Con i 94 milioni ricavati dalla sua cessione il Napoli avrebbe abbastanza soldi per comprare mezza squadra, ma dove troverebbe il suo sostituto? Quando, nel corso dell’anno, El Pipita ha raggiunto quota 10, 20, poi 30, fino ad arrivare ai 36 gol in campionato (che diventano 38 in stagione, se si includono i due messi a segno in Europa League), i più illustri addetti ai lavori si sono affannati a trovare centravanti in grado di reggerne il confronto. Appare subito chiaro che in Italia nessuno abbia un tale impatto sulle partite, quindi l’attenzione si sposta necessariamente all’estero. Ad oggi, gli unici numeri nove in grado di rimpiazzare tanto strapotere fisico, tecnico e tattico sarebbero Luis Suarez del Barcellona e Robert Lewandowski del Bayern, i quali comunque non lascerebbero i rispettivi club in questo momento. Da quei due in giù, il Napoli andrebbe in ogni caso a perderci.

Una serie di cattivi segnali prenderebbero il largo in svariate direzioni.

Verso la squadra innanzitutto. Quando una società, qualsiasi essa sia,  vende un campione dà sempre un cattivo segnale a coloro che restano. Escludiamo per un attimo la questione tecnica, Higuaìn è un leader. Non sarà superlativo dice ai suoi compagni “dammi la palla che ci penso io”, tipo Ibrahimovic. Non corre per 120 minuti alla Javier Zanetti. El Pipita è rigoroso, pragmatico, fisso sull’obiettivo: dopo il gol in rovesciata contro il Frosinone, sul 4-0 e con tripletta e record già in ghiaccio, ha fulminato con lo sguardo Ghoulam per aver sbagliato un cross. Vendere uno così significa depotenziare almeno del 20% chi oggi gioca con lui.

Ma cattivi segnali anche verso gli avversari. Quando una società trattiene un campione dà sempre un cattivo segnale alle concorrenti. Ragionamento inverso a quello del punto precedente, il risultato non cambia. La Roma che vende uno tra Pjanic e Nainggolan, gioco forza, scende un gradino nelle gerarchie del campionato. Di contro, fare finta di non ascoltare le offerte dei vari sceicchi, petrolieri, magnati di vario lignaggio, è sinonimo di forza, un modo per comunicare che il secondo posto di quest’anno non è un miracolo irripetibile, ma un punto di partenza. Agli altri, quindi, il compito di porre rimedio.

Il calcio è solo una mera questione economica? Oppure ancora oggi, nel 2016, possiamo parlare di passione, sentimenti e di uomini legati ad una maglia? Maradona è inarrivabile per tutta una serie di motivi che non stiamo qui a ripetere (due su tutti, gli scudetti che ha regalato alla città), ma Higuaìn, per distacco, è di gran lunga la cosa più bella vista al San Paolo dopo Diego. Il valore associato ad un capolavoro d’arte, a volte, non è espresso in Euro, Dollari o Sterline, ma risiede nel piacere che si ha nell’ammirarlo.

De Laurentiis non ha venduto i suoi campioni negli ultimi due anni, perché dovrebbe farlo adesso? Lo scudetto del bilancio, tanto decantato dai sostenitori del presidente azzurro, alla lunga ha portato i suoi frutti. Nei due anni in cui sono mancati gli introiti derivanti dalla partecipazione in Champions, la struttura economica della società ha assorbito i colpi senza il sacrificio dei cosiddetti pezzi grossi.

Quest’anno, grazie ai nuovi criteri di distribuzione degli introiti stabiliti dall’Uefa, il Napoli può incassare quasi il doppio rispetto alla sua ultima partecipazione. Per dirla alla Ligabue: il meglio deve ancora venire!

 

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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