Quale è il sapore di un’acredine che percorre la sua esistenza sul sottile filo dell’eternità? E quale è il senso di un accanimento sprezzante se ad alimentarlo è una realtà paradossalmente positiva come uno sport?
In questa che ha i caratteri della stesura del non senso che senso ha attribuire al volto di Leonardo Bonucci i tratti più sgradevoli dell’essere umano soltanto perchè reo confesso di juventinità?
Ed ancora, che senso ha ritrattare tutto ciò ed aprire parte del cuore sensibile di ognuno di noi ad un Leonardo Bonucci che indossa la stessa casacca non colorata, soltanto perchè vittima di un dramma familiare?
Il cuore degli italiani appassionati di calcio si è improvvisamente sciolto in una mare di umanità, autentica, veritiera, commovente. Lo stesso cuore inasprito dalle consuete, roventi ed anche un pò stucchevoli polemiche domenicali, irrigidito ed incattivito da parole, gesti, azioni che allontanano gli esseri umani, inscatolandoli su scaffali diversi, distanziati da chilometri di odio.
Leonardo Bonucci sta vivendo un dramma familiare importante di cui faremo solamente cenno per rispettare la volontà del calciatore che ha chiesto il rispetto sulla privacy. Ma l’assenza del difensore della Juventus domenica scorsa allo stadio Olimpico di Roma e al primo raduno della nazionale targata Giampiero Ventura ha fatto tanto rumore. L’Italia intera lo ha immaginato accanto al figlio Matteo, in un clima familiare devastato da ansia e preoccupazione. Uno scenario non augurabile a nessun essere umano, una scena presente nell’immaginario di tutti che ha scosso le percettibilità e smosso solidarietà.
Leonardo Bonucci ha sentito addosso l’affetto di tutti, soprattutto quello giunto a Torino dalle “odiate” Roma e Napoli. Sentimenti che hanno viaggiato sui binari dell’umanità senza incontrare barriere, ostacoli, difficoltà. Il volto di Leonardo, sempre scuro, serio, reso l’emblema dell’antipatia dalla evidente juventinità e la spiccata romanità di origine, è divenuto tenero a tutti, al punto da accoglierlo simbolicamente nell’alveolo della solidarietà più spontanea.
Ed è in questi momenti che prende forma nella mente un pensiero dominante, quello della stupidità umana, quello che ci fa immaginare l’interruttore della vera essenza dell’uomo spento inesorabilmente dalla stoltezza. Ricordi come la morte recente di Ciro Esposito, o quelle più datate del commissario Raciti e Gabriele Sandri, ci mettono spalle al muro e ci inchiodano alla nostra insensatezza. Quelle elencate, sono vite spezzate dall’idiozia, dalla balordaggine. Vite stroncate da inaccettabili circostanze che hanno consentito ad interferenze riprovevoli di penetrare nei tessuti lindi del gioco del calcio. Una passione che dovrebbe innalzare attorno a sè le barriere dell’invalicabilità ed isolarsi dal mondo esterno, dalle sofferenze umane, dalle fragilità, dalle frustrazioni della vita, da tutti quegli ingredienti che rendono acre il sapore del gioco più bello del mondo.
D’accordo, le asprezze alimentano le ostilità, l’interesse e dunque gli indotti economici, ma l’ingordigia umana dovrebbe darsi una regolata dinanzi a scenari prospettici divenuti triste attualità. La partecipazione emotiva scattata nelle coscienze di tutti in merito alla faccenda che riguarda Leonardo Bonucci è stata commovente e lodevole, quella casacca bianconera, tanto odiata, è divenuta una semplice maglietta per giocare a calcio, una casacca indossata da un uomo, un essere umano che adesso sta soffrendo ed ha bisogno di un carico di sostegno. Lo hanno capito tutti, juventini, napoletani, romanisti, coloro che amano il gioco del calcio, ma anche chi lo detesta. La faccenda è umana, e quando ci si tuffa in un mondo così esteso e puro non vi è barriera che ne freni il naturale corso verso l’affettività incondizionata, a prescindere dalla rivalità circoscritta temporalmente ad una gara agonistica. Perchè allora non limitare le asprezze solo al campo?
Non è forse questo il senso dello sport? Non sono forse questi i principi smarriti che vanno recuperati in fretta? L’abbraccio virtuale offerto a Leonardo Bonucci ci piacerebbe traslarlo alle scarne tribune degli stadi italiani, fredde perchè sciatte e malandate, ma anche perchè chi le occupa è monco di sentimenti positivi verso gli avversari.
Il gioco del calcio è proiettato al futuro grazie alle sue immense potenzialità, forse dovrebbe esserlo anche la mentalità di tutti coloro che lo seguono. E a proposito di futuro, il 30 ottobre prossimo sarà un giorno speciale: non soltanto perchè si festeggerà il cinquantaseiesimo compleanno di Diego Armando Maradona, ma soprattutto perchè il Napoli sfiderà la Juventus a Torino. Una gara attesissima, per tanti motivi. Una partita a cui assisteremo con la frenesia di sempre, ma anche con il ricordo di quanto narrato oggi.
La speranza è quella di lasciarci alle spalle uno Juventus Stadium ammutolito, mentre colmi di orgoglio si percorrere la strada del ritorno, magari abbracciando uno sconsolato amico juventino che indossa proprio la casacca con il numero 19 ed il nome di Leonardo Bonucci.