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Partenopeismi

CruciaVerba volant. Un pungiglione innocuo

7. Verticale
Si salta a Napoli.
Buca.

24. Orizzontale
Oggetto usato per lo scippo a Napoli.
Asta.

12. Verticale
Si lancia sotto il Vesuvio.
Sacco della monnezza.

Questi i primi vagiti della nuova disciplina olimpica che Giuseppe Cruciani ha tentato di sdoganare nella sua trasmissione radiofonica: il cruciaverba.
L’identikit del campione di siffatta disciplina prevede la nobile arte del far straparlare di se’, non avendo nulla da dire.

Con questo pezzo, nel nostro piccolo ci prestiamo anche noi al giochino -sì che ne siamo consapevoli. Ma proviamo a farlo da una prospettiva diversa.
Il problema non è mettere in evidenza come questi o quegli altri problemi vi siano in altre città come e più che a Napoli. La questione non è denunciare un accanimento contro la nostra città, dando fiato a tutte le trombe che suonano sulle (arci) note del vittimismo e della permalosità.

Giuseppe Cruciani è una costruzione narrativa. Ne’ più, ne’ meno. E in quanto tale segue alcune regole. Molto semplici, basiche e anche un po’ datate.
Il plot del personaggio impone a Cruciani di fare una “sparata” che poggia su alcuni luoghi comuni. Non importa se la sparata sia fondata o meno. Ciò che conta è l’effetto. Da una parte chi si sente offeso, dall’altra chi sta con lui. Perchè in questo gioco narrativo, la carta vincente è proprio il luogo comune, che per natura attira a se’ molti consensi ma che, di converso, suscita l’ostilità di chi deve portarne il peso.
Da lì, il classicissimo “o lo ami o lo odii”. La prima schiera lo sostiene perchè “dice quello che pensa”, “è scomodo”, “non è un benpensante”. Perchè è da circa vent’anni a questa parte che in questo Paese per non essere ipocrita, devi tentare di offendere random. Pena l’anonimato.
In questo modo, il nostro Personaggio si ritaglia il suo spazio di visibilità nell’agone mediatico. Grazie all’idolatria di alcuni, ma soprattutto in virtù dell’odio del bersaglio delle sue boutade. Non a caso, la narrazione prosegue col sottolineare varie offese ricevute, minacce di morte e quant’altro. E’ questo che trasforma un semplice personaggio in Protagonista.
Si diventa virali sui social, vieni invitato in qualche trasmissione a chiarire, a correggere il tiro, a smentire, a ribadire ecc. E se vieni insultato, tanto meglio. Tutto grasso che cola e che, di rimando, foraggia l’auditel del tuo programma.
Per cui, il nostro non può agire diversamente. Non ne ha la libertà. E’ in questo recinto circense che è condannato a muoversi. Il qualunquismo è la sua pubblica compulsione.

Odio, astio o livore decretano e legittimano l’esistenza di questo personaggio. Senza, cade tutta l’impalcatura. Non c’è bisogno di precauzioni particolari o di insetticidi avanzati. Lasciamo ronzarci attorno la zanzarina Cruciani. Le reazioni violente e indignate sono il sangue di cui si nutre e senza di esse, non resta che un flebile brusio di fondo, destinato ad esaurirsi nel giro di qualche “zzzzzz”. E si sa che Napoli non è Lugano e che le nostre orecchie sono ben forgiate sulla sinfonia ad alto volume delle nostre strade. Anzi, un suggerimento per una nuova disciplina olimpica: suono random del clacson. Per il copyright, offre la casa.

Per cui, parafrasando Carmelo Bene, Giuseppe Cruciani non esiste.
L’unico Cruciani che esiste, se ne intendeva davvero di personaggi e narrazioni. Il suo nome era Fabrizio. Ma questa è un’altra storia.


About author

Fabio Cotone è regista teatrale. Appassionato di scienze umane.
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