Per il Napoli di Sarri primo tour de force stagionale terminato e primi, ancorché parziali, verdetti da analizzare. Dopo le prime due giornate di campionato ed il primo stop, il Napoli ha giocato tra Campionato e Champions League ben 7 partite. Il ruolino di marcia è lusinghiero, nonostante lo scivolone inaspettato di Bergamo e racconta di 5 vittorie, un pari ed una sola sconfitta.
In generale il Napoli si conferma una squadra molto solida ed affidabile tra le mura amiche con ben 4 vittorie al San Paolo tra Serie A e Champions (Milan, Bologna, Chievo e Benfica) e ben 13 reti segnate, la media di più di tre a partita. In controtendenza il dato che emerge dalle trasferte: su 5 partite giocate lontano da casa (Pescara, Palermo, Dinamo Kiev, Genoa, Atalanta) soltanto due vittorie, due pari ed una sconfitta con 7 reti realizzate e 4 subite.
Se uniamo le ultime quattro trasferte della scorsa stagione (una vittoria e ben 3 sconfitte) la tendenza si fa preoccupante e fa emergere una verità: il Napoli in trasferta non è lo stesso Napoli che vince e convince in casa. Quali le ragioni?
C’è certamente un problema di personalità, che poi si traduce in mentalità, perché il Napoli è pur sempre una squadra “giovane” con elementi che ancora non hanno acquisito quella cattiveria e determinazione che fanno di una bella squadra una “grande” squadra. E poi ci sono anche problemi tattici evidenti, che scaturiscono soprattutto dall’atteggiamento che gli avversari oppongono quando si trovano di fronte il Napoli. Il 4-3-3 di Sarri si sviluppa in ampiezza, sfruttando le coppie sulle corsie esterne (Ghoulam-Insigne/Mertens e Hysaj-Callejon) con le due mezze ali di centrocampo (Hamsik e Allan/Zielinski) che nello sviluppo della manovra si aggiungono alla catena degli esterni a formare i famosi “triangoli” tanto cari al mister toscano, per imporre la superiorità numerica in quelle zone del campo.
Questo, ormai, gli avversari lo hanno capito fin troppo bene, tanto che gli basta blindare le corsie esterne, portando in fase passiva la difesa a 5 (tre centrali e due terzini), abbassando le ali ad esterni bassi di centrocampo e ricompattando le linee per fermare l’onda d’urto degli azzurri. In questo modo gli esterni alti sono confinati sulla linea del fallo laterale, spesso raddoppiati e quindi costretti ad abbassarsi di almeno 20 metri per toccare qualche pallone giocabile, così la punta (Milik o Gabbiadini) rimane in perfetta solitudine e ben controllato dalla difesa avversaria, con le distanze tra i reparti che si allungano sensibilmente. Esattamente quello che è accaduto ieri a Bergamo, dove Gasperini ha bissato la prova di un anno fa a Marassi col Genoa, riproponendo lo stesso atteggiamento tattico e ricreando i famosi duelli individuali, che in presenza di una cattiva condizione atletica, sono stati puntualmente persi.
Quando si ferma il Napoli sulle fasce, il gioco azzurro è costretto a svilupparsi solo per vie centrali, cercando l’imbucata o l’uno-due stretto ed in velocità, ma a quel punto anche questa soluzione risulta alquanto difficile, essendo alta la densità in quella zona del campo da parte degli avversari, e bassa, invece, quella del Napoli in area di rigore, per i motivi elencati sopra.
I numeri Opta relativi alla gara di ieri a Bergamo denotano una certa difficoltà nel riuscire a fraseggiare come il Napoli è abituato a fare, come dicono le 65 palle perse contro le 39 degli avversari e solo 28 palloni recuperati contro i loro 38. La maggiore densità orobica nella propria area di rigore è contrassegnata e certificata dal dato sui passaggi completati dagli azzurri in area di rigore (solo 6 su 29), altro dato che manifesta la difficoltà del Napoli di ordire trame d’attacco efficaci. In questi casi, forse, sarebbe cosa logica aumentare la densità nell’area di rigore avversaria, magari inserendo per tempo un attaccante che giochi più vicino a Milik alzando anche il baricentro di qualche metro e portando maggior peso offensivo davanti al portiere avversario.
Il possesso palla è stato abbondantemente a favore degli azzurri (69-31) con 504-190 nei passaggi e il 57% di predominanza del territorio, ma questo dato diventa accademico e poco incisivo se si considera anche che la squadra di Gasperini ha volutamente consegnato il pallone al Napoli, per chiudersi meglio e ripartire con folate veloci ed estemporanee fiammate in ripartenza.
Da segnalare la scarsissima condizione di Callejon e Hysaj, dimostrata anche dal fatto che la manovra azzurra si è sviluppata di più a sinistra (Ghoulam a Insigne 23 volte, Hamsik a Ghoulam 18, Insigne a Hamsik 14). Il faro Jorginho, anche lui in debito di ossigeno, è risultato avulso dal gioco (solo 48/57, meno della metà rispetto alla gara di giovedì col Benfica). Positivo, invece, il dato su Maksimovic che ha giocato più palloni di tutti (65/69) senza mai commettere un errore negli appoggi nella propria fetta di campo (23/23) ed anche in trequarti di attacco (4/4). Molti gli errori di misura addirittura nel corto (54/63) sintomo di scarsissima lucidità, dovuta essenzialmente a stanchezza, mentale e fisica.
In definitiva, in trasferta il Napoli deve cambiar marcia, perché una squadra che abbia ambizioni non può permettersi il lusso di perdere per strada punti come quelli di Bergamo o di Marassi. Sarri avrà tempo e modo per lavorare su questi aspetti, come anche di riflettere sul perché, in gare “sporche” come quella di ieri, contro un’Atalanta fisica e coriacea, non abbia nemmeno pensato di inserire centrocampisti di sostanza e di forza come Allan e Diawara. Forse potrebbe essere utile trovare nuovi espedienti tattici e soluzioni offensive, per dare al Napoli un po’ di imprevedibilità in più al cospetto di avversari ormai addestrati a giocarvi contro.