Il Napoli di Sarri in un solo biennio ha battuto tutti i record della sua storia, dai punti conquistati alle vittorie in trasferta, dai gol fatti in trasferta ai gol totali in una stagione, dai dati sul possesso palla al numero dei calciatori mandati in doppia cifra di gol e assist. I dati sono sicuramente impressionanti e costituiscono la cartina di tornasole dell’egregio, se non superlativo, lavoro fatto dal mister toscano alla guida del team azzurro.
IL FUORICLASSE DEL NAPOLI – Che Sarri sia l’uomo giusto al momento giusto ormai è una realtà conclamata. E pensare che quando due anni fa De Laurentiis affidò il destino del suo Napoli nelle mani dell’allora tecnico dell’Empoli, non furono in molti ad esultare, anzi.
Apparvero manifesti di dissenso in città contro l’operato della società, in molti infatti vedevano nel passaggio da Benitez a Sarri il passo del gambero ed un club in remissione per ambizioni ed obiettivi. Il Napoli era reduce dal biennio patinato di Rafa e si era nel bel mezzo della diatriba dialettica tra rafaeliti e detrattori del Rafè ispano-napoletano. Il processo di internazionalizzazione che aveva portato a Napoli calciatori di livello europeo e l’aura di europeismo spinto che il tecnico spagnolo aveva codificato nell’universo azzurro avevano blandito l’ambiente, nonostante i risultati del campo, seppur lusinghieri, non fossero stati quelli sperati.
Oggi, dopo due stagioni, il Napoli è totalmente nelle mani del suo vero ed unico fuoriclasse: Maurizio Sarri. Il tecnico di Figline Valdarno è stato il pioniere di una mentalità nuova e l’idea di calcio della squadra azzurra aderisce prepotentemente al volto del suo allenatore. Lo spogliatoio intero segue pedissequamente il suo mantra calcistico, un manipolo di soldati fedeli alla causa e completamente calati ed inseriti nel progetto tecnico.
UN FUTURO ANCORA DA SCRIVERE – Se ci facessimo un giro nei Bar dello Sport a Napoli, ascolteremmo un refrain persino noioso: su Sarri il Napoli deve puntare decisamente per costruire un futuro che sia vincente. A guardare lo spirito che l’allenatore toscano ha saputo plasmare all’interno dello spogliatoio verrebbe voglia di legarsi a Sarri per la vita. L’allenatore, inoltre, è entrato nel tessuto connettivo della tifoseria tutta che si rivede in lui e lo ha eletto a supremo garante delle proprie aspettative ed ambizioni.
Il gioco del Napoli avvince, riempie e appaga i sensi del tifoso, quello che Sarri è stato capace di far vedere in campo in due stagioni ha convinto tutti che da lui dipenda il destino stesso del Napoli e su di lui e la sua idea di calcio vadano costruite le fortune future della squadra.
ULTIMA STAGIONE A NAPOLI? – Eppure sembra proprio che quella che andrà ad iniziare tra poco più di un mese, potrebbe essere l’ultima stagione di Sarri alla guida del Napoli. Il mister toscano ha un contratto fino al 2020 rinnovato ed adeguato dopo la sfavillante prima stagione alla guida degli azzurri, con una clausola valida nel 2018, dal prossimo anno, che gli apre il varco ad una via d’uscita dietro pagamento di una penale molto salata (8 mln di euro).
Sarri, peraltro, è molto apprezzato dagli altri grandi club: la Roma, l’Inter, ma anche il Milan, farebbero carte false per affidare le sorti delle rispettive compagini a Maurizio da Figline. I dirigenti di questi club lo hanno corteggiato parecchio e ci sono stati anche dei primi abboccamenti, non andati a buon fine essenzialmente per un motivo: Maurizio sente che non ha ancora terminato il suo percorso a Napoli, vuole regalare alla tifoseria una gioia vera, un titolo importante. E solo poi, forse, potrebbe decidere di cambiare aria.
“LO DEVO ALLA MIA FAMIGLIA” – Il tecnico toscano farà di tutto affinché quel titolo possa arrivare proprio nella prossima stagione, poiché la scappatoia della clausola è un’occasione troppo ghiotta da lasciarsi sfuggire, considerando anche che la sua carriera ad alti livelli è iniziata piuttosto tardi e che quindi dovrà capitalizzare al massimo (“Lo devo alla mia famiglia”) la sua posizione professionale nei prossimi anni. E’ quasi inevitabile, oseremmo dire, che le strade di Sarri ed il Napoli si possano separare dopo un triennio alla guida della squadra, considerando anche che, come più volte espresso dallo stesso allenatore toscano, migliorare questo Napoli è impresa ardua tenendo presenti i parametri finanziari del club azzurro. Dietro le ultime esternazioni si cela anche la legittima aspirazione di Sarri di potersi misurare in realtà ancora più grandi ed attrezzate per vincere.
ADDIO INEVITABILE MA NON DRAMMATICO – E’ verosimile, quindi, che alla fine della prossima stagione al Napoli il mister decida di migrare verso altri lidi. Pur nella consapevolezza che, in questo momento, l’eventualità possa costituire reale motivo di preoccupazione per i tifosi azzurri, ci permettiamo di dissentire sin da ora con chi ne farebbe un dramma e aggiungiamo che, forse, non rappresenterebbe proprio una catastrofe. Del resto anche quando Benitez andò via, abbiamo il dono della memoria lunga, si parlò di ridimensionamento in tutte le salse, di “empolizzazione” del progetto Napoli, di provincializzazione delle ambizioni del club azzurro. A giudicare dall’ultimo biennio, al contrario, sono stati compiuti dei sensibili passi in avanti nel progetto tecnico-finanziario del club.
Uno dei meriti del mister toscano è stato, in primis, quello di edificare dalle fondamenta un gruppo caratterialmente forte, molto legato umanamente al suo allenatore, con un’anima ben precisa il cui centro di gravità è proprio Maurizio Sarri. I ragazzi si riconoscono nel lavoro del mister, ne condividono le scelte e gli orizzonti, lo supportano in tutto dando l’impressione chiara che sarebbero disposti a seguirlo sempre ed ovunque.
Si dirà che non si è vinto nulla, giusto, ma è pur vero che si stanno gettando basi serie per un futuro radioso, con una rosa che riesce a migliorare in termini di qualità e quantità di stagione in stagione e che, pur conservando l’asse portante con calciatori che ormai indossano la maglia azzurra come una seconda pelle (Reina, Albiol, Koulibaly, Hamsik, Mertens, Insigne), si sta contemporaneamente ringiovanendo e rigenerando nella sua struttura.
Tutti ci auguriamo che Sarri possa traghettare questa delicata transizione, gestendo magari la fase del progressivo sradicamento dal “gruppo storico” e consentendo al Napoli di strizzare l’occhio al futuro con più leggerezza e serenità. Per un direttore d’orchestra potrebbe rappresentare persino una sfida professionale allettante, quella di cambiare uomini ed interpreti e dar vita ad uno stesso spartito, come a suggellare un trionfo all’insegna del “cambiano gli attori ma il mio film rimane lo stesso”. Se il tecnico toscano, invece, non se la sentisse di accompagnare questa “staffetta” generazionale, preferendo altri lidi anche per ragioni di ambizioni e di obiettivi personali, peraltro legittimi, diverrebbe inevitabile e addirittura fisiologica una separazione.
GLI ESEMPI DEL PASSATO – La probabilità che Sarri possa lasciare Napoli dopo la prossima stagione è concreta, a prescindere dai risultati che si riuscirà a raggiungere, anzi i titoli che si riusciranno eventualmente a mettere in bacheca potrebbero rappresentare proprio il giusto epilogo di un rapporto proficuo ed intenso per entrambe le parti in gioco.
Il pericolo tangibile del dopo-Sarri è che si possa ripetere un caso simile a quello dell’Inter post-triplète, quando all’addio di Mourinho, il club nerazzurro non fu in grado di capire che il gruppo “storico” aveva fatto il suo tempo, che era terminato un ciclo trionfale e che bisognava voltare pagina. Il Napoli, che non ha ancora vinto alcunché, non dovrà commettere lo stesso errore, ma dovrà esser bravo a rinnovare e ringiovanire senza eccessive rivoluzioni.
Il Napoli-squadra si identifica molto con il suo allenatore, è un blocco monolitico che si rivede nell’idea di calcio del suo mister e non sarà certo facile gestire il distacco di alcuni calciatori dal proprio pigmalione, soprattutto nel caso dei più giovani, che tanto si sono calati nel vestito sarriano. Dopo un triennio, clichè temporale ormai parecchio in voga nel calcio moderno come parametro di riferimento per la vita di un ciclo tecnico, Sarri ed il Napoli potrebbero legittimamente dirsi addio. E a quel punto sarebbe inevitabile pensare ad un deciso rinnovamento, come accade non solo in tutti i club di calcio ma anche in tutte le realtà aziendali del mondo.
La storia del calcio insegna che le squadre spesso cambiano pelle, modificando gioco e identità, adeguandosi ai tempi e alle situazioni contingenti. Abbiamo avuto fulgidi esempi in passato come il Milan di Sacchi che dopo un quinquennio di successi planetari, fu affidato a Capello, uomo e allenatore agli antipodi, per filosofia e personalità rispetto al tecnico di Fusignano. Eppure quel Milan continuo la sua ascesa nel gotha del calcio mondiale, raffermando grandezza e vittorie anche negli anni a seguire.
Anche l’ultima Juventus, del resto, nella transizione tra Conte e Allegri, ha vissuto un momento simile, con una tifoseria piombata in piena sindrome da pessimismo cosmico, laddove i de profundis sul ridimensionamento delle ambizioni del club campione d’Italia si sprecavano sulle colonne dei quotidiani e sui social da parte della tifoseria bianconera. L’esperienza della Juventus e quella dello stesso Napoli, nel recente passaggio da Benitez a Sarri, insegnano che fasciarsi la testa rappresenterebbe un esercizio inutile oltre che poco produttivo.