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Estate 1970: il Feyenoord vola sul tetto del mondo

Ernst Happel è un nome che ai giovani d’oggi dice poco. Austriaco di Vienna, discreto difensore tra il secondo dopoguerra e la fine degli anni ’50, le sue maggiori fortune le ha costruite seduto su una panchina. Pochi sanno che è uno degli allenatori più titolati di tutti i tempi e che la sua ascesa verso l’Olimpo del calcio mondiale iniziò a Rotterdam, all’alba degli anni settanta.

Ma facciamo un piccolo passo indietro: Eredivisie 1968/69. Il Feyenoord allenato da Ben Peeters si aggiudica il campionato ed accede alla fase finale della Coppa dei Campioni. I rapporti tra Peeters e la dirigenza biancorossa erano però un po’ incrinati, per cui il presidente Guus Couwenberg decise di cambiare rotta, affidandosi appunto a Happel. La sua prima esperienza da allenatore nell’ADO Den Haag, sempre in Olanda, si era conclusa proprio quell’anno con la conquista della KNVB beker, la coppa nazionale.

Tra le compagini più accreditate alla vittoria di quella Coppa Campioni c’erano le solite Real Madrid e Benfica, il Milan campione d’Europa in carica, affiancato dalla Fiorentina fresca vincitrice dello scudetto, squadre dalla solida ossatura come la Dinamo Kiev e outsider insidiose, su tutte la Dinamo Zagabria.

Ma il Feyenoord poteva contare su una spina dorsale di tutto rispetto, formata dal centrale difensivo (e capitano) Israel, dal leader van Hanegem in mediana e dal bomber svedese Kindvall. Come infatti, al primo turno il Feyenoord sforna un’impressionante prova di forza ai danni del malcapitato KR Reykjavik: 12-2 all’andata, 4-0 al ritorno.

Agli ottavi si può già parlare di finale anticipata. I ragazzi di Rotterdam pescano proprio il Milan di Nereo Rocco, che sogna di bissare il successo dell’anno precedente consapevole che la finale si giocherà a San Siro. All’andata è 1-0 per i rossoneri, segna Nestor Combin, ma al ritorno Jensen e Van Hanegem deviano il corso del destino.

Ai quarti e in semifinale di fronte agli olandesi si parano compagini decisamente più abbordabili. Il Vorwärts Berlino (oggi Viktoria Francoforte) e il Legia Varsavia cadono infatti una dopo l’altra nei quattro confronti diretti.

L’ultimo atto del più prestigioso trofeo continentale, come detto, si gioca a Milano. L’arbitro è Concetto Lo Bello e di fronte al Feyenoord scende in campo il Celtic, la più forte squadra scozzese di sempre, protagonista dell’Old Firm in patria insieme ai Rangers.

Fu una partita tiratissima, che vide i biancoverdi di Glasgow andare in vantaggio con Gemmell. Gli uomini di Happel pareggiarono poco dopo con capitan Israel, ma ci vollero quasi due tempi supplementari per risolvere la gara. Segnò ancora Ove Kindvall, che per tutti diventò l’erede di Nordahl. Il gol vittoria gli valse il secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro, vinto da Gianni Rivera.

Per la prima volta nella storia una squadra dei Paesi Bassi vince la coppa dalle grandi orecchie, ma la sorpresa dura poco perché con il 1970 ha inizio il cosiddetto quadriennio olandese: dopo i biancorossi di Rotterdam fu l’Ajax a trionfare, per ben tre volte consecutive. Un clamoroso poker complessivo sul quale, in un certo senso, lo stesso Feyenoord pose il sigillo andando a vincere la Coppa Uefa nel 1974.

Tornando a quell’impresa, la vittoria della Coppa Campioni consentiva di partecipare all’Intercontinentale, ovvero uno scontro diretto in partita di andata e ritorno contro la vincitrice della Copa Libertadores sudamericana. All’altro capo del mondo i trionfatori erano stati, per la terza volta consecutiva, gli argentini dell’Estudiantes de La Plata, che nelle due precedenti partecipazioni avevano prima battuto il Manchester United di George Best, poi avevano perso contro il Milan.

L’andata a Buenos Aires terminò 2-2, mentre a Rotterdam un gol del difensore van Daele regalò a Happel il trionfo completo. A nessuno importò più di tanto dell’eliminazione al primo turno della successiva Coppa Campioni, patita dai modesti rumeni dell’UTA Arad.

La carriera di Happel, come detto, non terminò certo a Rotterdam. L’allenatore austriaco trionfò anche in Belgio con il Bruges, in Germania con l’Amburgo e in patria con lo Swarovski Tirol, divenendo così uno dei pochi allenatori al mondo (insieme a gente del calibro di Trapattoni, Ancelotti e Mourinho) a vincere il campionato in quattro paesi diversi.

Rivinse la Coppa Campioni, qualche juventino lo ricorda, perché proprio con l’Amburgo, in una finale giocata ad Atene, si impose ai danni dei bianconeri di Trapattoni con un gol di Magath. Era la primavera del 1983: dopo qualche settimana, il Feyenoord acquistò dagli eterni rivali dell’Ajax un certo Johan Cruijff. Ma questa storia ve la racconto la prossima volta.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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