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Questo stadio s’ha da fare

Data per certa l’impossibilità di ottenere l’utilizzo esclusivo del San Paolo, visti soprattutto gli investimenti effettuati dal Comune attraverso il finanziamento acceso presso il Credito Sportivo, all’orizzonte sta per profilarsi un’inedita partnership con il comune di Melito tesa a costruire un nuovo stadio per il Napoli. Nelle ultime settimane il sindaco Amente si è esposto in prima persona, allargando le possibilità anche alla realizzazione di una struttura dedicata al settore giovanile e alla nuova sede societaria.

Quanto “rende” il nuovo stadio? Ce lo spiega la Juventus

Costruire un impianto nuovo, o comunque riqualificarne uno esistente al fine di sfruttarlo in modo esclusivo, comporta l’esborso di capitali importanti, sicuramente nell’ordine delle centinaia di milioni di euro, un investimento che gioco forza incide negativamente nel breve periodo. Ad esempio l’Arsenal, nell’annunciare la costruzione dell’Emirates Stadium, avvertì i tifosi sul proprio sito che ci sarebbe stato un ridimensionamento della campagna acquisti.

Tuttavia, come si dice a Napoli, la spesa vale l’impresa e una misura di quanto lo stadio di proprietà rappresenti un beneficio viene fornita dalla Juventus. Dal 2011, nel passaggio dall’Olimpico allo Juventus Stadium, i ricavi da stadio sono passati da circa 11 milioni ad una cifra vicina ai 50 milioni di euro (nel 2017 hanno sfiorato i 60), vale a dire un aumento strutturale del 450%.

Considerando che il totale investito ammonta a 150 milioni, si può tranquillamente dire che l’assorbimento di tale cifra sia avvenuto in soli tre anni. Peraltro, l’importo è stato finanziato dal Credito Sportivo, lo stesso ente al quale si è rivolto il sindaco De Magistris per ristrutturare il San Paolo.

Nel bilancio chiuso al 30 giugno 2017, i ricavi da gare del Napoli ammontavano a circa 22 milioni di Euro. Facendo le dovute proporzioni e arrotondando per difetto la crescita degli introiti di “sole” quattro volte, la società di De Laurentiis contabilizzerebbe ricavi da stadio per 90 milioni scarsi, con un aumento stabile di circa 65/70 milioni.

Il business annesso allo stadio: sponsor, licenze e no match day

Ma ricavi da stadio non significa solo vendita di biglietti per le partite casalinghe. Partiamo dallo sponsor e torniamo all’esempio Juventus.

Nel 2008 la società rilevò il terreno dal Comune di Torino (con annesso diritto di superficie) e iniziò la ricostruzione del vecchio Delle Alpi. Contestualmente, gli Agnelli stipularono un accordo per la cessione dei diritti di denominazione dell’impianto con la società di marketing Sportfive, la quale versò 42 milioni subito più altri 33 in rate semestrali fino al 2023, per un totale di 75 milioni di Euro, e si impegnò a trovare uno sponsor che desse il nome alla struttura. Come noto, nel 2017 l’impianto di corso Gaetano Scirea è diventato Allianz Stadium.

Gli accordi tra Agnelli e Sportfive prevedevano che se nei 15 anni successivi al 2008 l’advisor avesse realizzato dalla vendita del nome dello stadio un importo inferiore a 100 milioni, la cifra sarebbe rimasta interamente nelle mani di Sportfive, mentre tutto il surplus rispetto ai 100 milioni sarebbe stato diviso a metà con la Juventus. Ad oggi, dai dati diffusi alla stampa specializzata, la Juve non raccoglie nulla da Allianz, ma nell’arco di 15 anni, come detto, avrà comunque incassato 75 milioni di euro.

Altro aspetto fondamentale riguarda la vendita di prodotti e licenze, che alla Juve frutta circa 10 milioni di euro contro il milione e mezzo scarso del Napoli. Al di là del merchandising, che dipende dal bacino d’utenza, la vendita delle licenze ha un impatto determinante sul ricavo totale. Essa riguarda la gestione diretta della distribuzione dei prodotti ufficiali: oltre alle decine di temporary shop in giro per l’Italia, è imminente nei dintorni dello Stadium la costruzione di un megastore che sostituirà l’attuale punto vendita annesso al museo.

Il museo, un ulteriore introito strutturale: la Juve ci ricava circa 1,5 milioni all’anno. Da questo punti di vista, il Napoli è ancora carente dal momento che lo spazio recentemente destinato all’interno del Museo Archeologico, benché suggestivo, è troppo dislocato rispetto allo stadio per creare un’”esperienza” in termini commerciali.

Residualmente, le società che gestiscono lo stadio in proprio contabilizzano ricavi per eventi no match day. In giornate in cui non sono previste partite la società ha la facoltà di affittare l’impianto, ovviamente a pagamento, a soggetti esterni che vogliano usufruirne per fini aziendali o come aggregatore sociale. Tale fattispecie permette ad Agnelli di contabilizzare ulteriori 1,5 milioni all’anno.

La capienza: stadio di tutti o stadio d’elite?

Quando si dice San Paolo pieno, a molti tornano in mente i fasti di un tempo, quando a Fuorigrotta si radunavano anche 80 mila persone. Oggi la capienza è ridotta a poco più di 60 mila unità, lo stadio è tutt’altro che confortevole e, a parte poche partite di cartello, la media presenze degli ultimi anni è stabile intorno ai 35/40 mila spettatori. E’ ovvio che in termini di capienza il numero di sediolini da montare debba essere rivisto verso il basso.

E’ indubbio che, per una questione di buon senso, un settore dell’eventuale nuovo stadio dovrebbe restare “popolare”, vale a dire a prezzi contenuti. Per il resto, un buon business intorno allo stadio impone una capienza non eccessiva (massimo 50 mila posti), comfort e soprattutto valorizzazione dei posti migliori. Quest’ultimo concetto vale di più all’aumentare del valore della poltroncina e prescinde quasi completamente dalla mera vendita dei biglietti. Sembra un paradosso, ma non lo è.

Per fare un parallelo, da uno studio condotto dall’Airport Council International (l’associazione mondiale che riunisce tutti i gestori di settore) è emerso che nei bilanci delle imprese aeroportuali hanno elevata incidenza i ricavi non aviation, in buona sostanza perché, segmentando la clientela per età, reddito e abitudine al volo, si sono accorti che gran parte del fatturato è garantito dai frequent business flyers. Per tali soggetti la rapidità degli spostamenti, la puntualità dei voli e l’esclusività nell’erogazione dei servizi rappresentano gli attributi di maggior peso dell’offerta aeroportuale.

I clienti in questione tendono a privilegiare l’offerta di ambienti esclusivi, riservati e non affollati, dove potersi rilassare e lavorare in attesa del volo in partenza. In altre parole, le compagnie aeree tendono a creare strategie di marketing ad hoc per questi clienti e a riservare loro ogni comfort, proprio perché essi sono disposti a pagare qualsiasi cifra. Considerata l’affinità nel livello del servizio, non è azzardato affermare che tali strategie siano perfettamente applicabili anche al calcio.

Conclusioni

In termini pratici, nel bilancio chiuso al 30 giugno 2017 il Napoli ha contabilizzato un fatturato netto (senza considerare le plusvalenze) di poco superiore ai 200 milioni. A conti fatti, pur trattandosi di un progetto complesso, burocraticamente tortuoso e molto oneroso in termini economici, con uno stadio nuovo abbattere il muro dei 300 milioni di fatturato non sarebbe un miraggio. I vantaggi sono evidenti, sarebbe un affare per tutti.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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