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Le plusvalenze strutturali e il caso Napoli

Le plusvalenze, croce e delizia di tutti gli operatori di calciomercato. Con una buona dose di sintesi ed esponendo il caso pratico relativo al bilancio del Napoli, cercheremo di dare risposte alle tante domande che affollano la mente dei tifosi.

Dal punto di vista finanziario è un po’ come investire in una startup. I finanziatori sentono che quella è un’idea buona, bussano alla porta dei titolari e propongono loro uno scambio: soldi in cambio di un diritto. Il tycoon concede le risorse di cui lo startupper necessita, per contro rileva il diritto a disporne come meglio crede o a rivendere l’idea al fine di realizzare un utile.

In sintesi è questa la strategia operata da un direttore sportivo. Comprare cercando il massimo risparmio e credere nel talento dei suoi giocatori. Se col tempo questi si dimostreranno all’altezza delle ambizioni del club che li ha acquistati tanto meglio, diversamente diventeranno assegni circolari da mettere nel cassetto delle plusvalenze.

Le plusvalenze nel Conto Economico delle società calcistiche

Il bilancio delle società di calcio, a differenza di quelle commerciali, accoglie le plusvalenze tra i ricavi della gestione caratteristica. Ciò perché si ritiene centrale nella vita della società la compravendita dei calciatori. In termini pratici, le plusvalenze concorrono a formare il Risultato Operativo, insieme agli incassi del botteghino, alle sponsorizzazioni e ai proventi tv.

Quando si parla di plusvalenze (o minusvalenze) in termini contabili, spesso si fa confusione con l’aspetto finanziario dell’operazione. Non è tecnicamente errato affermare che se un calciatore viene pagato 100 e rivenduto dopo un anno a 80 si realizza una minusvalenza di 20, ma questo è il saldo entrate – uscite, posto che il pagamento avvenga in un’unica soluzione. Contabilmente il funzionamento è un po’ diverso.

Supponiamo che la società acquisti un calciatore a 100 e gli corrisponda uno stipendio lordo di 10. Sotto il profilo patrimoniale la società iscriverà il valore del cartellino del calciatore (100), mentre nel conto economico tra i ricavi e le spese dell’esercizio troverà posto lo stipendio lordo (10):

Supponendo un ammortamento “accelerato”, criterio adottato dal Napoli che prevede invece delle quote costanti una perdita di valore del 30% annua per i primi tre anni di contratto, alla fine del primo anno si avrà un valore residuo del cartellino pari a 100 – 30 = 70. Ecco che la vendita del calciatore dopo un anno a 80 permette di realizzare una plusvalenza contabile di 10. Essa, come detto, rappresenta un ricavo d’esercizio:

Tale discorso, a maggior ragione, vale per i calciatori svincolati. In questo caso, le raccomandazioni contabili emanate dalla FIGC chiariscono che il valore del cartellino del calciatore (aspetto patrimoniale) è rappresentato dai compensi pagati agli agenti per la mediazione nella trattativa. Questi costi possono essere capitalizzati, cioè considerati impliciti al valore del cartellino, in quanto equiparati a quelli pagati ad altra società in caso di calciatori sotto contratto. Come tali, pertanto, essi sono ammortizzabili per tutta la durata del nuovo contratto.

Per fare un esempio pratico, se un calciatore viene acquisito a parametro zero e al procuratore viene pagata una commissione di 2 milioni per l’intermediazione, tale valore rappresenterà il costo del cartellino del calciatore da ammortizzare nell’arco della durata contrattuale.

L’unica controindicazione, benché di modesta entità, è data dall’ammortamento del valore del calciatore nel caso di cessione in prestito: come chiarito dalle raccomandazioni contabili federali, esso resta a carico della società proprietaria del cartellino.

Nel Napoli è emblematico il caso di Maksimovic, pagato in totale 26 milioni e girato in prestito dopo appena un anno e mezzo. Nel bilancio chiuso al 30 giugno 2017, benché il calciatore non sia in forza alla società di De Laurentiis, la quota di ammortamento (quindi un costo per il Napoli) è pari a 8 milioni.

Caso pratico: il bilancio del Napoli

Di seguito si riportano gli importi contabilizzati dal Napoli a titolo di plusvalenze nei bilanci chiusi al 30 giugno 2016 e 30 giugno 2017:

Premesso che i contratti dei tesserati generalmente hanno scadenza annuale fissata al 30 giugno, è facile intuire che la sessione estiva di calciomercato incide sul bilancio dell’anno successivo. Nel 2016 le plusvalenze più rilevanti sono state quelle generate dalle cessioni di Edu Vargas (incredibile ma vero), per Euro 4,9 milioni e di Inler per Euro 3,5 milioni.

Nel 2017, la situazione complessiva è calcolata come segue:

Per arrivare ai 106,4 milioni della precedente tabella bisogna aggiungere circa 2 milioni di altri proventi derivanti da (a titolo esemplificativo) cessioni in prestito, bonus da rivendita, premi di valorizzazione, etc. La plusvalenza più elevata, ovviamente, è stata quella derivante dalla cessione di Higuaìn, quantificata in Euro 86.004.185,00, seguita da quella realizzata per Gabbiadini, pari ad Euro  13.708.333,00.

Il bilancio che si chiuderà a breve non vivrà particolari sussulti sotto l’aspetto delle plusvalenze, in quanto solo la cessione di Strinic alla Sampdoria (per circa tre milioni) è stata a titolo definitivo. Per Duvan Zapata, ceduto sempre ai blucerchiati per una cifra vicina ai 17 milioni, quest’anno scatterà l’obbligo di riscatto a seguito del prestito, quindi la relativa plusvalenza si materializzerà nel 2018.

Volendo fare una proiezione al mercato di quest’anno, ipotizziamo le cessioni di Jorginho e Hamsik alle cifre indicate dallo stesso De Laurentiis: 55 milioni per l’italobrasiliano, 30 milioni per il capitano. Nel bilancio si legge che in entrambi i casi il valore del cartellino è stato completamente ammortizzato, vale a dire che i rispettivi valori contabili sono pari a zero. Ecco che un valore di cessione di complessivi 80 milioni genererebbe una plusvalenza di uguale importo.

E’ chiaro, concludendo, che tali operazioni hanno senso se intorno ad esse si costruisce una precisa strategia, al fine di creare, insieme ad altre operazioni “di contorno” un vero e proprio portafoglio al pari di un trader sui mercati finanziari. Alla base è necessario avere una conoscenza capillare sia dei giocatori, sia delle loro potenzialità, ma anche delle singole situazioni contrattuali. Non è facile, ma l’esperienza del Napoli di De Laurentiis insegna che la strada intrapresa è vincente.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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