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Partenopeismi

La nuova maglia è brutta, ma piace

Nella seconda metà degli anni settanta, i pugni di New York battevano forte sulle porte di Londra. Un musicista con tanto entusiasmo, ma poche idee, pensò bene di aprire quelle porte e far sua la lezione d’oltreoceano portata dai New York Dolls e dai Ramones. Quel musicista si chiamava Malcolm McLaren, che in breve tempo diede vita ai Sex Pistols. Nei loro concerti non avevano un brano di punta e il loro stile era troppo atipico per essere incasellato in un genere ben definito. Quel che poteva sembrare un’enorme debolezza, tuttavia, ben presto rese i Pistols un fenomeno immortale.

Esagerazioni a parte, il Napoli ha fatto qualcosa di tremendamente simile in occasione del lancio della maglia da gara in uso nella stagione che sta per iniziare. In molti hanno storto il naso per lo stile e il “motivo” della kombat firmata Kappa, ma gli stessi non si sono resi conto che questa di De Laurentiis è un’operazione senza precedenti e che porterà frutti enormi, per tre motivi.

# 1 – Della maglia ne parla anche ESPN

Sul suo profilo twitter, il network internazionale ESPN ha elogiato la campagna per la presentazione della nuova maglia, nonché l’originale idea del video in stile fumetto. E’ il segnale palese che il Napoli ha varcato prepotentemente i confini nazionali e continentali.

Quante volte si è parlato, sterilmente, dei sei milioni di tifosi che il Napoli avrebbe nel mondo? Sterilmente, perché di frutti in termini economici se ne sono visti sempre pochini. L’attuale struttura interna che studia l’implementazione di strategie di marketing, guidata da Serena Salvione, non solo ha scoperto che i tifosi mediamente interessati al Napoli nel mondo sono 40 milioni e non 6, ma che i potenziali clienti del marchio Napoli potrebbero essere addirittura il triplo.

Centoventi milioni di anime sparse per il globo. Basterebbe che la metà di loro si impegnasse a versare dieci euro all’anno affinché si rendessero tremendamente fattibili affari come quello che ha portato Cristiano Ronaldo alla Juve. De Laurentiis questo lo ha capito, ed ora sta mettendo tutto in pratica.

# 2 – De Laurentiis sta allargando i suoi orizzonti

In principio furono le estenuanti settimane in montagna, alla vecchia maniera. Il metodo tradizionale di condurre il ritiro estivo, da sempre, dona una riserva di energia che poi torna utile nei mesi più caldi dell’anno successivo.

Con Ancelotti non è più così, e ancor meno lo sarà negli anni a venire, quando il tecnico di Reggiolo porterà i suoi ragazzi in Cina, a giocare contro le big mondiali che vedono nel Napoli un’ottima occasione per mettere la merce in vetrina.

Non si parla di giocatori, ma di maglie (appunto), di gadgets, di eventi con i calciatori, di turismo intorno ad un hotel i cui proprietari sanno di guadagnare tanto solo perché (forse) in una di quelle sale sarà presentata, magari da Adidas, la maglia azzurra versione 2020.

# 3 – L’importanza del canale distributivo

Non importa cosa vendi, ma come lo vendi. E’ una vecchia regola del commercio, studiata in tutte le salse da economisti, psicologi e sociologi. Piero Manzoni, in polemica con l’eccessiva mercificazione dell’arte, portò in giro per il mondo un vasetto colorato, dentro il quale sosteneva ci fossero le sue deiezioni. Ovviamente vendendolo fece una fortuna.

Il canale distributivo, insieme alla campagna pubblicitaria, rappresenta l’anello più importante della catena del valore. Il Napoli è la prima società di calcio al mondo ad avere il brand-store su Amazon.

Ci si trova di tutto: la nuova maglia, quelle dell’anno appena trascorso, tute, abbigliamento in generale, kit per bambini, borsoni, cappellini, giocattoli, arredo studio, plaid. E poi ancora articoli tecnologici, accappatoi, sciarpe, lenzuola, orologi (più di dieci modelli diversi), guinzagli per cani con cappellino annesso, matite, bracciali, salvadanai, pochette, oltre a diversi capi firmati Enzo Castellano.

Da oggi, in tutto il mondo su piattaforma unica, si può comprare tutto ciò che porta il marchio Napoli e che la società mette in vendita. Ciò produce un duplice effetto. Da un lato aumentano considerevolmente i ricavi commerciali. Nella sola giornata di presentazione, il brand-store della società partenopea presente su Amazon ha fatto registrare vendite pari al 40% dell’intera fornitura della stagione passata. In termini di soldoni, in un solo giorno il Napoli ha incassato una cifra superiore ai 500 mila euro.

L’altra conseguenza fondamentale è che aumentando di molto il volume di prodotti “ufficiali” venduti grazie ad un colosso come Amazon, viene fisiologicamente assorbito il fenomeno tutto locale della contraffazione. Fino a pochi anni fa, il falso era considerato un aspetto limitante nella crescita di fatturato commerciale del marchio Napoli. Da oggi può essere diluito senza troppa fatica nel mare magnum delle opportunità offerte dalla Rete.

Conclusioni

In definitiva, il Napoli ha tracciato la strada nella crescita del suo fatturato partendo dai ricavi commerciali. Questi, storicamente, rappresentano un tallone d’Achille su cui lavorare se si vuole competere con le big d’Europa.

Con i suoi 200 milioni di fatturato strutturale, nel 2017 il Napoli è rientrato nella top 20 di “Football Money League”, una classifica stilata da Deloitte che ordina le società di calcio in base ai propri ricavi d’esercizio. L’altra faccia della medaglia è rappresentata, appunto, dai ricavi commerciali, che per la società presieduta da De Laurentiis non hanno sfondato quota 20 milioni. Di questi, tolti sponsor tecnici, ufficiali e istituzionali, solo 1,9 milioni sono rappresentati dalla vendita di prodotti a marchio.

Per fare un parallelo con chi precede in classifica, la Juve (prima tra le italiane e decima assoluta in classifica) incassa circa 20 milioni mentre i padroni della graduatoria, gli inglesi del Manchester United, portano a casa qualcosa come 116 milioni di Euro.

E’ da questi numeri che il Napoli deve ripartire, agile come un serpente e scattante come una pantera.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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