Fino a qualche tempo fa il calcio e la finanza sembravano due galassie distanti anni luce. Oggi non solo essi sono terribilmente vicini, ma vanno verso la fusione completa. Addirittura, è verosimile immaginare che un’attenzione strategica alla gestione finanziaria per una società calcistica tra poco tempo diventerà imprescindibile.
DIFFERENZA TRA AZIONI E OBBLIGAZIONI
I massicci investimenti provenienti da tutto il mondo (paesi arabi, Russia, Cina, Stati Uniti), finalizzati a rilevare le più importanti società del vecchio continente, hanno aperto scenari impensabili fino a qualche anno prima, in termini sia di spese per l’acquisto di calciatori che di investimenti in infrastrutture come stadi e sedi societarie.
Tuttavia si tratta di azioni, vale a dire capitale di rischio, che ha una portata limitata in termini di investimento in quanto non è considerato virtuoso spendere più di quel che si guadagna e poi successivamente ricapitalizzare. Da questo assunto sono partiti i prodromi del financial fair play.
In Italia lo hanno fatto, ad esempio, i grandi mecenati italiani tra gli anni ’80 e ’90 (Moratti e Berlusconi su tutti), ma ad un certo punto hanno dovuto passare il testimone ad altri perché la gestione era diventata insostenibile.
Diversamente, quando si parla di obbligazioni (in inglese bond) ci si riferisce al capitale di debito. Chi acquista bond diventa creditore della società e non azionista: non si fa carico del rischio d’impresa e quel che investe gli viene restituito a scadenza, maggiorato da interessi predeterminati al momento dell’acquisto.
Rispetto alle azioni (alcune società sono anche quotate in borsa), le obbligazioni sono meno rischiose ed hanno un rendimento garantito. Ciò è dovuto dal fatto che, a meno di fallimento, le obbligazioni non risentono dell’andamento giornaliero della società, come invece accade per le azioni, soprattutto quelle quotate.
Dal punto di vista dei club, tale strumento può diventare oltremodo conveniente, perché consente di reperire le risorse necessarie rivolgendosi ai risparmiatori e non alle banche. Queste ultime prestano infatti solo il servizio di tesoreria e di collocamento dei titoli, in gergo operano da bookrunner.
FUNZIONAMENTO DELLE OBBLIGAZIONI
Caratteristiche fondamentali delle obbligazioni sono:
- Valore nominale, ossia l’importo che deve essere versato all’atto della sottoscrizione;
- Cedola, che rappresenta la quota di interessi periodici corrisposti all’investitore;
- Scadenza, cioè il termine entro il quale viene riconsegnato agli investitori il capitale sottoscritto;
- Emittente, vale a dire il soggetto che colloca le obbligazioni.
Al momento del collocamento, un’obbligazione può essere emessa:
- Alla pari: quando il valore di emissione è uguale a quello nominale;
- Sotto la pari: quando il valore di emissione è inferiore a quello nominale. In questo caso, la differenza tra i due importi rappresenta la quota interessi implicita nel titolo;
- Sopra la pari: quando il valore di emissione è superiore al valore nominale.
A seconda poi del tipo di soggetto che emette le obbligazioni, del contesto di provenienza, del rischio individuale e di quello di settore, al momento del collocamento le agenzie di rating, come Standard & Poor’s e Moody’s, assegnano un indicatore di merito, schematizzato su una scala che va dal massimo dell’affidabilità (AAA) al minimo (D).
In termini pratici, una volta che l’emittente ha collocato i bond sul mercato, gli investitori ne acquistano un certo quantitativo, ne incassano gli interessi periodici o a scadenza e quando il titolo termina il suo corso essi si vedono restituire il capitale versato inizialmente.
UN CASO PRATICO: L’INTER
Un recente rapporto della società di rating S&P Global ha evidenziato l’importanza crescente dei bond nel mondo del calcio. Le più grandi società d’Europa li utilizzano – o lo faranno a breve – per finanziare faraoniche campagne acquisti. Basti pensare cosa ha prodotto il mercato in termini di cifre da Neymar in poi: ogni anno, tra sessione estiva e quella invernale, si stimano passaggi di maglia per un controvalore che si aggira intorno ai 5 miliardi di Euro.
Ma c’è chi utilizza le obbligazioni anche per autofinanziarsi, al fine di rilanciare il proprio brand. E’ il caso dell’Inter, prima società in Italia ad emettere un prestito obbligazionario. Grazie alla banca d’affari Goldman Sachs, bookrunner dell’operazione, il club nerazzurro ha collocato un bond da 300 milioni, al tasso del 4,875% con scadenza 2022.
Proprio un top manager della banca americana, Greg Carey, al Financial Times ha spiegato che questa operazione consente al club di reperire risorse senza fare affidamento sul supporto della proprietà. Nel caso specifico dell’Inter, quest’ultimo aspetto è fondamentale alla luce dei controlli dell’Uefa in materia di fair play finanziario e delle restrizioni imposte dal governo cinese con riferimento all’esportazione di capitali.
Il bond dell’Inter è stato valutato talmente positivamente dagli esperti di rating che le richieste di adesione hanno doppiato il numero di titoli collocati. Gli investitori sono per la maggior parte istituzionali, cioè banche e operatori finanziari, a testimonianza della bontà dell’operazione, ma dal punto di vista dei tifosi questo rappresenta un ottimo strumento, peraltro discretamente remunerativo, per finanziare la propria squadra del cuore.
Va tuttavia rilevato che l’Inter è una società sulla quale grava una posizione finanziaria pesante, per cui in prima istanza le risorse provenienti dal collocamento delle obbligazioni sono servite ad alleggerire l’esposizione della società nei confronti dei creditori, non solo banche ma anche fornitori e altre società di calcio. In subordine hanno però anche fornito risorse fresche per il calciomercato e i rinnovi dei contratti. In termini di cifre, dei 300 milioni raccolti 82 sono andati dritti in cassa.
Facendo un rapido parallelo con i conti del Napoli, società libera da esposizione finanziaria e che al netto delle plusvalenze ha ormai superato quota 200 milioni di fatturato, un bond di dimensioni simili a quello emesso dall’Inter servirebbe per una crescita in due sensi. Una metà dell’importo (150 milioni, più o meno quanto è costato alla Juventus l’Allianz Stadium) potrebbe essere investito nella costruzione di un nuovo impianto o per la definitiva riqualificazione del San Paolo, mentre il restante andrebbe a finanziare una campagna acquisti di tutto rispetto.