Ad Aurelio De Laurentiis avremmo piacere di porre una domanda: “Perché nel lontano 2004 ha acquistato il Napoli”?
La porremmo – però – senza l’assillo di ricevere una risposta. Quella, già l’abbiamo. Lo fece per fare impresa, per ricavarne denaro. E, attenzione, non lo diciamo né con fare sarcastico né con quella punta di pungente ironia che potrebbe erroneamente trapelare da una stesura epistolare. Fece una cosa legittima. Anzi, una cosa lodevole.
Poi, certo, ha goduto anche di altre cose: la notorietà, il potere, l’accrescimento smisurato dell’autostima. Ben venga tutto questo.
E allora, seppur i calciatori nella nostra città abbiano goduto di altri fattori, perché mai il loro desiderio di guadagnare deve essere adesso criticato?
Perché mai la trasformazione di esseri umani in mastodontiche imprese individuali deve essere considerata una cosa di cui vergognarsi?
“Se un giocatore vuole andare a fare le marchette in Cina perché viene strapagato e per vivere due o tre anni di merda è un problema suo”.
Queste dure dichiarazioni di Aurelio De Laurentiis, al di là del linguaggio poco elegante, non sono solamente ingiuste ed ingenerose ma sconfessano un’ideologia che è insita nel modo di operare dello stesso Presidente del Napoli.
Anche lui è venuto a Napoli per fare impresa, anche lui ha scelto questa città piuttosto che un’altra perché ha fiutato l’affare, perché ha testato l’enorme bacino d’utenza, perché ha intercettato le potenzialità di questa piazza.
O Aurelio De Laurentiis vuole per caso farci credere che è giunto a Napoli per godere del mare, del mandolino e della pizza?
E poi, sugli anni di merda, un commentino veloce va lasciato. Caro Presidente, siamo così sicuri che gli anni di merda per i suoi calciatori non siano proprio quelli trascorsi a Napoli? Sarebbe sbagliato immaginare i calciatori azzurri felici nella nostra città soltanto perché sentono addosso il calore e l’affetto dei tifosi. Dell’asfissia cui sono quotidianamente sottoposti ne vogliamo parlare? Dell’impossibilità di condurre una vita normale fatta di passeggiate, cinema, spesa e tutto ciò che riguarda la quotidianità? Ma la gente davvero pensa che i calciatori azzurri siano felici soltanto perché cosparsi da capo a piedi di affetto? La realtà è ben diversa: i tesserati del Napoli non si sentono liberi, si sentono oppressi, vincolati, talvolta infastiditi. Ma devono sopportare, lo prevede il loro mestiere, soprattutto in questa piazza.
Ma il presidente ha anche detto altro:
“Ogni giocatore ha un suo valore in base a dove e come gioca e all’età che ha”
Giusto. Giustissimo. Il Napoli a Mertens e Callejon ha fatto la sua offerta. Una proposta ritenuta non congrua. Le strade, dunque, si separeranno?
Se dovesse accadere dispiacerà a tutti, certamente. Ma non è il momento di parlarne. Ne passerà ancora di tempo prima di scoprire se, in fondo, la Cina è lontana o vicina.