Noi non c’arriviamo. Ci aiutate voi a capire perché mezza serie A si gioca a porte chiuse e l’altra no?
Gli stadi di Udine, Milano, Sassuolo, Parma e Torino sbarreranno le porte a chi avrebbe avuto intenzione di accedervi. Quindi, niente pubblico, ma anche un cerimoniale di gara in forma ridotta, senza bambini all’ingresso in campo e un numero ristretto di addetti ai lavori.
La Lega serie A ha inviato alle società interessate alle partite a porte chiuse per l’emergenza coronavirus le indicazioni organizzative riguardanti lo svolgimento delle gare: non sono ammessi tifosi all’interno dello stadio; via libera solo a squadre, staff tecnici, dirigenti e ufficiali di gara, agli ispettori federali, ai delegati Lega, ai medici antidoping e ai rappresentanti della commissione federale antidoping.
Sono poi ammessi gli operatori sanitari e di pubblica sicurezza, gli steward, i vigili del fuoco secondo le indicazioni approvate vidal Gos. Quanto ai giornalisti, sono ammessi gli operatori tv e i reporter delle emittenti titolari dei diritti di trasmissione live, un fotografo e un social media manager per ciascuna società e gli operatori dell’informazione preventivamente autorizzati e comunque non superiori a 150 unità. Niente interviste in mixed zone.
Ma chi ha voluto questa forma di restrizione?
La decisione è del governo. E’ stato il ministro per le politiche giovanili e lo sport, Vincenzo Spadafora, al termine del Consiglio dei ministri a dichiarare:
“Abbiamo deciso di vietare le manifestazioni sportive, oltre che in Lombardia, Veneto e Piemonte, anche in Friuli-Venezia Giulia, Liguria ed Emilia Romagna. Il divieto vale fino a domenica prossima, 1 marzo. Venendo incontro alle richieste arrivate dal mondo dello sport e fermo restando il divieto di manifestazioni sportive a porte aperte per sei regioni del Nord Italia, abbiamo comunque acconsentito allo svolgimento di gare a porte chiuse”.
Quindi, in sostanza, sono stati ritenuti a rischio (e quindi evitati) i contatti tra individui provenienti dalle zone a rischio contagio.
Adesso, noi, ci chiediamo: ma i tifosi granata che seguiranno la loro squadra del cuore allo stadio San Paolo di Napoli da quale città provengono?
E quelli che da Verona raggiungeranno Genova? O quelli che da Bergamo si recheranno a Lecce?
Il provvedimento sembra palesemente sconclusionato, illogico, o, quantomeno, parziale.
E’ mai possibile che qualsiasi decisione relativa al mondo-calcio debba prestare il fianco ad inevitabili perplessità? E’ così complesso prendere decisioni evitando di pigiare il tasto dell’iniquità?
Tra appena cinque giorni ad attendere il Napoli vi è uno degli appuntamenti più importanti della stagione.
A sperare nella conquista della finale di Coppa Italia sarà uno stadio gremito in ogni ordine di posto. Perché gli spettatori ci saranno, vero?