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Comunicazione

Il pallone è fermo. Torniamo a farlo rotolare nella direzione giusta

Tutto questo sacrificio non sarà vano. Non può esserlo.

Il mondo si è fermato. E, con esso, tutta la nostra quotidianità. Siamo tutti agli arresti domiciliari, privati di ogni piccolo gesto quotidiano che, fino a pochi giorni fa, scandiva con decisione le note soavi della libertà di cui godeva ognuno di noi.

La libertà. Che bel vocabolo, ma sapevamo di goderne? Non del tutto. Libertà è un termine a cui l’essere umano, ingordo e lamentoso per natura, ha deformato i connotati nel corso del tempo. Siamo caduti nel clamoroso errore di considerare privazione tutto ciò che non lo era, abbiamo acquisito la pessima abitudine di considerare sacrificio ciò che dal sacrificio reale era lontano miglia.

Mi vengono in mente mille esempi: sbuffare per un’attesa prolungata sulla pensilina di una stazione in attesa di un treno, spazientirsi per la fila alla posta o per essere in coda sull’autostrada. Quanto siamo stati stupidi.

Quante volte ho detto ai miei alunni: non chiedetemi continuamente di andare in bagno, imparate a sacrificarvi, vi servirà nel corso della vita. Ma, seppur dicessi loro ciò, dentro sentivo di comprendere la loro esigenza di alzarsi, di muoversi, di non rimanere costipati lì, in un banco per sei lunghe ore. Lo comprendevo perché ero il primo assuefatto da un mondo che mi aveva abituato male.

Forse, tutti eravamo abituati male.

Eravamo sommersi dagli agi ma frustrati e insoddisfatti. Eravamo assuefatti, ormai inconsapevoli. Eravamo ingabbiati nel vortice del desiderio di altro, dell’altro, di ciò che non era in nostro possesso, del sogno che annientava la realtà. Eravamo tristemente vittime di un vorticoso gioco senza fine.

Gli ultimi giorni sono stati devastanti per la psiche. Al bombardamento mediatico, angosciante e allarmistico di suo, si è aggiunta la spettralità delle città, quella visione tetra che ha destato e dissipato desolazione e angoscia. Mi è sembrato di vivere i quadri Giorgio De Chirico, con ambientazioni inquietanti, vissute da poche sagome umane, nere, non per pigmento ma per evitamento: la paura del contagio ha intimato l’alt alla socialità.

La situazione è seria, è grave. Il mondo è tutto in un fotogramma senza tempo, senza passato e senza futuro.

Il mondo del calcio non avrebbe voluto fermarsi, la giostra su cui si viaggiava era troppo divertente per tutti. L’inconsapevolezza era la strada più semplice, era quella che non faceva spegnere i motori del business.

Quando questo orrendo momento sarà solo un brutto ricordo forse, e dico forse, sapremmo ripartire meglio di prima.

Forse, e dico forse, ci accorgeremo di quante stronzate abbiamo detto o fatto: l’astio, il razzismo, l’acerrima rivalità, i gemellaggi rotti e rinnegati, i cori spregevoli, le risse, i complotti, la corsa al successo a tutti i costi.

A noi de “IlPartenopeo.it” per il momento non interessa quando e come verrà posto rimedio allo stop di tutte le competizioni calcistiche. C’è altro a cui pensare.

Che la privazione sia un monito per tutti.

“Quando perdi, non perdere la lezione” [Dalai Lama]

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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