“Non ho mai dato quello che sto dando”.
Solo un uomo può dire una cosa del genere. In questa frase c’è maturità, sincerità, verità ma, soprattutto, consapevolezza.
Lo vogliamo dire a chiare lettere che Lorenzo Insigne è diventato un grandissimo calciatore? Ce lo impone quella che si chiama onestà intellettuale. Quella di Lorenzo è la storia di un essere apparentemente piccolo e insignificante che si è fatto da solo.
Scartato in tenera età dall’Inter perché troppo piccolo fisicamente e rispedito al mittente che lo ha pian pianino lanciato sul palcoscenico più difficile, quello di casa propria.
Una permanenza che dura da tanti anni tra odio e amore. Lui non può dirlo, lo diciamo noi: Lorenzo spesso è rimasto deluso dalla sua gente, si è sentito spesso preso di mira, giudicato male, molte volte, ingiustamente. Lorenzo ha spesso fatto paragoni con i suoi colleghi, magari meno amanti di questa terra, dobbiamo metterci in testa che uno spogliatoio è molto diverso da una dichiarazione rilasciata ai media. Tra quelle mura si respirano verità. A Lorenzo non andava giù che colleghi non innamorati di questa città venissero criticati meno di lui, anche a seguito di prestazioni scialbe. Vogliamo dargli torto?
Ma a prescindere da ciò, a Lorenzo non andava giù che non venisse rispettato il suo processo di crescita. Non ha mai digerito che gli errori commessi non venissero accettati, compresi. Lui sapeva di che errori si trattasse. Erano errori dettati da troppo amore, dalla voglia di strafare per questa maglia. La gente non lo ha capito. La stampa non lo ha capito. Anche chi vi scrive non l’ha sempre capito.
Ma la vita è così, ci si convince di cose che spesso non sono vere. O forse, più correttamente, si ha fretta di trarre conclusioni, non si riesce a gestire la frenesia di voler a tutti i costi catalogare un calciatore tra i buoni o tra i cattivi.
Lorenzo pace vera non l’ha mai avuta. Quando le prestazioni sul campo hanno raggiunto e abbondantemente superato la sufficienza piena, a Lorenzo è stata messa in discussione la personalità, la stoffa per portare la fascia di capitano di questa squadra. Sempre in onore di quella famosa onestà intellettuale: c’eravamo pure noi.
Non eravamo perplessi dinanzi ad una sagoma piccola e poco predominante, il nostro errore derivava dall’avere in testa un prototipo diverso di leader. Avevamo in mente le sue interviste confezionate, impalpabili, mai pregne di significati importanti, noiose. Avevamo in mente l’idea di chi non avesse nulla o poco da dire. Non eravamo compiaciuti dinanzi alle sue performance canore spesso messe in vetrina sui social.
Abbiamo sbagliato.
Perché si può essere leader anche violando stereotipi pre-costituiti.
Lorenzo Insigne oggi ha dimostrato a tutti come è giusto che si agisca: tenendo magari a freno istinti sentenziatori ed attendere, apprezzando ciò che si riesce a dare, purchè si riscontri in chi lo compie il massimo sforzo.
Oggi non ti riconosciamo solo di avercela fatta, non ci limitiamo a renderti giustizia attribuendoti la leadership della squadra della nostra città, ti chiediamo anche scusa per tutte le volte che ci siamo lasciati sconfiggere da pregiudizi e stereotipi.
Oggi sei mattatore tra i due “azzurri”, affiatato e cercato in campo.
Tutto si mette nel migliore dei modi per Lorenzo, protagonista di un equilibrio che non si percepiva da troppo tempo.
Ed è proprio quando sembra andare tutto bene, che paradossalmente diventa tutto più difficile: ogni giocata è guardata a vista, ogni errore può diventare débâcle.
Per Insigne arriva il momento di imporsi sul piano della continuità, confermandosi e abbattendo il muro di critiche da non considerare mai del tutto crollato.
La sfida di domenica sera, che vede un Napoli “sciancato” da numerose defezioni, ha già il sapore di lotta al destino avverso.
Destino che riserva difficoltà continue a chi tenta di scalare vette e aspettative sempre più alte.
Ma stavolta, Lorenzo non può permettersi di avere paura.