Migliore e peggiore in campo nella stessa partita. Lorenzo in terra meneghina è stato paradiso e inferno di una trasferta mai messa in discussione sul piano della qualità complessiva.
Un errore, la sua esternazione verso l’arbitro Massa. Un’ingenuità, sentenzierebbero i giudici più moderati.
Comunque la si voglia vedere, quell’attimo di rabbia ha cancellato dalla mente di molti una prestazione maiuscola, dominante, quasi ubiqua. Il suo lavoro è stato più silenzioso degli improperi lanciati al direttore di gara, ma c’è stato e fa volume.
Volume puntualmente sminuito dai detrattori storici, i pungolatori abituali e i praticanti del “nemo propheta in patria” con cui spesso si ama redarguire l’attaccante partenopeo.
Ma perché poi? Proprio quest’anno in cui giocate e incisività indicano proiezioni importanti, proprio quando anche la nazionale si sta accorgendo della sua centralità in questo periodo di vacche magre. Proprio ora che da criticare ci sarebbe poco o nulla, la piazza infierisce e affonda il dito nella piaga.
E non si venga a raccontare che senza il 24 la squadra giri meglio, giochi meglio, segni di più: è un campione statistico irrilevante, perché con Insigne in campo il Napoli ha ottenuto la maggior parte dei suoi punti, quasi sempre con la sua complicità attiva. Se gli azzurri vincono anche in assenza del loro capitano, è dovuto al fatto che compongono una squadra forte, tecnica, valida. Peculiarità che le hanno permesso di furoreggiare a San Siro anche in dieci uomini, sfiorando il pareggio in più di un’occasione.
Ma attenzione: giocare bene anche senza il proprio riferimento principale non implica che quel riferimento sia superfluo. Perché prima di quei venti minuti di agonismo ce ne sono stati settanta di controllo e dominio – a Milano, da ricordare – dove il Napoli ha mostrato idee, geometrie, saggezza e, piaccia o no, tutto ciò è passato per i piedi dell’esterno frattese. Senza quelle idee, la sfuriata rabbiosa del post-espulsione non avrebbe avuto significato: sarebbe stato un mero sfogo emotivo figlio solo dell’ansia di recuperare uno svantaggio immeritato. Due partite in una: opposte, antitetiche, ma generate dallo stesso embrione tattico.
Non riconoscere il peso specifico di Insigne nel bilancio totale della partita è reato morale. Così come scoraggiarsi per la sua assenza sarebbe imperdonabile: il Napoli può e deve giocare sempre per vincere; non perché debba liberarsi dallo schiavismo imposto da Insigne, ma perché è in grado di poter trionfare su tutti.
Quando sarà invece il momento di riaccogliere in campo Lorenzo, si spera di poterne essere tutti felici. Perché è un lusso e, come spesso accade, rischia ingiustamente di essere considerato superfluo.