Caratterialmente non siamo pronti.
Lo sostiene il nostro giornale da tempo, lo ha confermato poche ore fa Gattuso.
Anche se la buona sorte oggi ci ha sorriso ed ha reso un po’ meno indigesta la sconfitta di mercoledì scorso.
Approccio alla gara buono, discrete trame di gioco e voglia di mettere la gara su binari giusti.
Insigne la sblocca su rigore. Poi la frittata di Rrahmani che Lasagna (che di domenica alle 15 ci sta pure bene) fa un sol boccone.
La mazzata fa riemergere il solito Napoli timoroso, balbettante e tremendamente incapace di continuare a tenere le redini della gara.
L’egocentrismo delle giocate si trasforma in paura e la gara che dopo venti minuti poteva vedere gli azzurri in vantaggio almeno di due reti diventa la sagra delle ripartenze friulane.
Meret sembra Garella. Dobbiamo dire grazie alle sue lunghe leve se non finiamo per soccombere.
L’inizio della ripresa non ha nulla a che vedere con l’inizio della gara. Il Napoli è ormai svuotato ed ha smarrito tutti i buoni propositi iniziali. Come sovente capita, gli avversari lo avvertono, lo percepiscono e prendono coraggio.
Subentra la stanchezza, per fortuna, per entrambe.
Al novantesimo è Bakayoko che trasforma la pennellata di Mario Rui in opera d’arte. La palla accarezza il palo ed entra in rete.
Nella dinamica con cui il pallone finisce alle spalle di Musso c’è tutto il senso di una giornata fortunata. L’effetto, intenso, fa sì che la palla entri in porta piuttosto che far morire le speranze dei napoletani sul legno.
I tre punti hanno prodotto abbracci, sorrisi ed un po’ di serenità in più. Ma le parole di Gattuso a fine gara non ci lasciano tranquilli e confermano i nostri timori.
Immaginare calciatori con gambe tremolanti che faticano a reagire al cospetto di una piazza pressante e parte di stampa strumentalmente ostile, non depone affatto bene per atleti che, soprattutto in piazze come Napoli, dovrebbero avere come prerequisito fondamentale due attributi grandi così.
Al Napoli manca scioltezza. Sembra imprigionato.
“Colui che è coraggioso è libero” [Seneca]