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Il giro di boa

Sembra ieri, eppure è già passato un girone.

La prima stagione “vera” di Ringhio porta con sé un’alternanza di luci e ombre difficilmente spiegabile.

La prima tematica peculiare della gestione Gattuso è la volubilità tattica: al suo arrivo il coach dichiarò di non apprezzare le due linee di quattro e, salvo casi di necessità imprescindibile, di fatto ha sempre schierato mediane di due o tre elementi.
Il punto della questione è rappresentato dagli interpreti: Demme e Bakayoko sembrano ideali per un centrocampo a due, ma per diversi motivi hanno giocato poche partite insieme, richiamando l’adattamento di Fabian come soluzione estemporanea. Questi movimenti hanno con molta probabilità spaesato diversi componenti della rosa, tra cui lo stesso Fabian, visibilmente inadatto al ruolo.

In merito ai calciatori, è assodato che Rino  abbia una sua schiera di fedelissimi, al netto degli infortuni, difficilmente sostituibili. A torto o a ragione, Insigne, Lozano, Koulibaly, Bakayoko, Zielinski e Ruiz sono imprescindibili anche a giudicare dal minutaggio che supera abbondantemente le mille unità, tra cui domina Di Lorenzo che conta 1538 giri di lancette in campo.
Se per alcuni elementi la titolarità sembra averli responsabilizzati (basti confrontare il Lozano di adesso con quello di qualche mese fa), altri azzurri sembrano a tratti risentire di questa usura prolungata (Koulibaly e Di Lorenzo, ad esempio, non brillano per continuità e lucidità).

Senza parlare di quei calciatori ancora sotto esame a causa del poco utilizzo, senza menzionare l’ormai annoso dualismo tra portieri.

Altro elemento su cui tracciare una linea è la lettura delle partite, dove Rino sembra ancora acerbo da questo punto di vista: al di là della recente scelta di schierare insieme i claudicanti Osimhen e Mertens, il mister si è macchiato spesso di scarsa intuizione e discutibile gestione delle forze in campo, come nel caso della partita contro i viola, già decisa nel primo tempo ma con tutti i protagonisti in campo per almeno sessanta minuti. Mancanze comprensibili, migliorabali, ma che in un campionato senza respiro come questo non possono reiterarsi.

Ciononostante, il Napoli è lì a ridosso dell’Europa che conta , con al comando lo stesso, imperfetto allenatore. Basterebbe un filotto ben assestato e tutte queste discussioni verrebbero dimenticate in favore di un entusiasmo nuovo. Per questa ragione, un cambio di guida tecnica sarebbe francamente inspiegabile: qualsiasi altro tecnico chiederebbe garanzie tecni che la società, al momento, non può garantire. Inoltre disputando gare ogni tre giorni imporre una nuova educazione tattica sarebbe solo un modo per intorbidire acque già stagnanti.

Per questi motivi Ringhio ha diritto di finire il proprio mandato, tenendo ben presente che non rappresenta più il nuovo che avanza, ma un tecnico ormai esperto che ha pochissimo tempo per trasmettere il suo carattere alla squadre e imparare di suoi errori.

Perché è lodevole prenderesi le proprie responsabilità, ma solo intravedendendo fatti.

Altrimenti tutto rischia di diventare alibi.

Il giro di boa per Gattuso – a differenza di quello che ha vissuto il Commissario Montalbano – non prevede dimissioni. Ma, il compito, è ugualmente arduo.

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Aspirante scrittore, ossessionato dal cinema, dal Napoli e dalla lettura. Precario emigrante in virtù dell’affitto da pagare.
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