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Partenza con handicap

Una delegazione di tifosi azzurri incontra Lorenzo Insigne e il video diventa virale.

Ci incuriosisce guardarlo perché, spesso, risultano molto più interessanti delle ingessate ed inutili concessioni alle tv.

“Nun te venimm a cercà”

A primo acchito sembra la spedizione di un commando malavitoso che ha l’intento di proteggere un cittadino in difficoltà.

L’espressione è emblematica ma vogliamo essere magnanimi e dare alla scena un’accezione positiva.

I tifosi autori della spedizione avevano solamente l’intento di comunicare a Lorenzo Insigne di stare tranquillo perché nessuno in questa città ha intenzione di rendergli la vita difficile per aver sbagliato un calcio di rigore.

Due riflessioni.

La prima: i tifosi compiono questo gesto perché, di solito, in questa città, quella scongiurata è una prassi praticata da qualcuno? Temiamo di si. Altrimenti, non avrebbe avuto senso smentirla.

La seconda: i calciatori che vestono questa maglia sono convinti che possono rischiare di andare incontro a queste cose.

Non lo diciamo noi, lo dice lo stesso Lorenzo rispondendo ai tifosi intenti a tranquillizzarlo:

“Conoscendo anche altri ragazzi (i compagni di squadra), che sono anche giovani e leggono tante cose, tutto questo può influire…”

Ricapitoliamo.

Chi arriva a Napoli lo fa avendo la paura addosso che, qualora le cose andassero male, ci sarebbe qualcuno pronto a turbare la propria quotidianità.

Questo, ovviamente, spiega anche perché la società di Aurelio De Laurentiis tribola così tanto per ottenere i si dei calcatori che individua come papabili acquisti.

Esiste – insomma – una voce che gira indisturbata per il mondo e sussurra silenziosamente di aver paura di Napoli e delle dinamiche che giacciono, incancrenite, in seno ad essa.

Esisterebbero i protettori, come nelle più crude fiction che narrano la napoletanità che detestiamo, quelli che, se tu fai quello che dicono loro, loro faranno per te tutto quello che uno Stato degno di questo nome non fa: ti tutelano.

E’ questo quello che si dice di Napoli nel mondo.

Proviamo ad immaginarceli questi ragazzi giovani che provengono da svariate parti d’Italia o del Mondo. Arrivano in questa città con la paura che, in mancanza di risultati positivi della squadra, non avrebbero modo di vivere serenamente.

Un incubo.

Non abbiamo altri vocaboli. Perché qualsiasi cosa fatta con l’ansia e la paura sulla noce del collo non può produrre risultati positivi.

Insomma, quella che ai nostri occhi è sempre sembrata una marcia in più, quel calore smisurato, quell’eccesso di amore, di frenesia, di impeto che sintetizza l’essere tifosi del Napoli abbiamo scoperto essere il vero tallone di achille.

Tutta questa pressione non fa il bene della squadra perchè non è vista come affetto smisurato di persone perbene che, qualora le cose andassero male, ti rispettano comunque.

E’ vista come una pretesa da parte di chi, se non assecondato, ti pressa, ti viola, ti strattona psicologicamente nella migliore delle ipotesi, concretamente nella peggiore.

Non entriamo nel merito, non abbiamo testimonianze dirette del fatto che queste pressioni esplicite esistano o meno ma, in questo momento, non ci interessa.

Quello che conta è la ricaduta che queste pressioni, esercitate, presunte o solamente raccontate, hanno sui ragazzi.

E da oggi non sono più solo supposizioni, non sono ipotesi.

Lorenzo Insigne ci ha candidamente confessato che i calciatori del Napoli questo scenario lo temono, sono terrorizzati dinanzi a prospettive di anti-cultura.

Pensavate di essere il dodicesimo uomo in campo? Niente affatto. Iniziamo ogni partita con un uomo in meno.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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