Ragioni da avanguardista, parli da avanguardista o, per meglio dire, ti vanti di esserlo.
In effetti in tante occasioni lo sei stato e ti abbiamo anche apprezzato.
Ma adesso, caro Presidente De Laurentiis, questo barbarico e costante attacco all’emozionalità del gioco del calcio ci ha stancato.
Queste dinamiche commerciali che sovrastano e calpestano i sentimenti ci hanno stufato.
Stanno facendo morire il calcio.
Koulibaly va via? Bene. A noi non importa se è lui che è voluto andar via o sei stato tu a non voler più investire su di lui.
Basta con questo superficiale e denigratorio modo di trattare il tifoso napoletano, ritenuto incapace di comprendere, inetto ad accettare dinamiche inevitabili, etichettato come ottuso contestatore a prescindere.
Basta prenderlo in giro. Basta mostrare il solo intento di salvare la buona fede dell’operato societario sempre a discapito di qualcun altro.
Il tifoso napoletano merita una considerazione diversa. Si fregia di un’evoluzione intellettiva di tutt’altro genere.
Kalidu ha finito il suo tempo a Napoli? A noi non importa per colpa di chi.
A noi interessa gioire e piangere, di gioia e di dolore.
A noi interessa emozionarci. A noi interessa vivere.
E tu, con questa costante e fredda mercificazione del calcio ci stai togliendo la vita.
Kaludu va al Chelsea? Va benissimo. Per lui, per te e anche per noi. Va bene per tutti.
Va bene lui, che guadagnerà di più e finalmente potrà ambire a riempire la sua scarna bacheca professionale;
vai bene tu che riempi le casse societarie;
e andiamo bene anche noi che, dopo un’inevitabile sofferenza, troveremo la forza di affezionarci a qualcun altro.
Ma noi avremmo voluto Kalidu a Dimaro.
Avremmo voluto salutarlo.
Avremmo voluto piangere per il suo addio.
Avremmo voluto sventolare bandiere inneggianti il suo nome con le lacrime agli occhi.
Avremmo voluto ringraziarlo con l’affetto che merita.
Avremmo voluto attribuirgli la riconoscenza che proviamo evitando il freddo filtro che ci hai imposto, quello della distanza.
Poi al Chelsea lo avremmo accompagnato, grati per averci donato l’unico scudetto vinto dopo quelli degli anni ottanta.
Si, donato. Perché quella capocciata su calcio d’angolo di Callejon non la dimenticheremo mai.
Perché quegli attimi li abbiamo rivisti centinaia di volte e altrettante volte abbiamo pianto.
Perché quello che abbiamo provato dopo quell’interminabile recupero e quel liberatorio fischio finale rimarrà impresso nella nostra memoria come un’effige immortale.
A te diciamo un grazie infinito, Kalidu.
Un grazie vero e sentito. Perché se pensiamo a te e a alle emozioni che ci hai donato, ancora piangiamo dall’emozione.
E siamo sicuri che sarà così per sempre, qualsiasi altra casacca tu indosserai.
Ci sarebbe piaciuto urlare al cielo di Dimaro il tuo nome, in una piazza tutta azzurra.
Poi avremmo sventolato anche quelle del Napoli, orgogliosi comunque di una società chiara che con umiltà ha esternato ai suoi finanziatori (perché i tifosi questo rappresentano per una società di calcio), un ridimensionamento necessario.
Ma rimarrà tutto un sogno.
Un sogno negato da chi ha tutta la nostra riconoscenza per un vissuto attuale comunque prestigioso ma che, con ingiustificabile cecità, ha dimenticato che il calcio senza amore non è calcio.