Li abbiamo attesi con spasmodica ansia, li abbiamo visti, li abbiamo giudicati. Gonzalo Higuain ed Aurelio De Laurentiis sono stati immortalati dagli obiettivi di tutte le telecamere presenti allo stadio San Paolo in occasione del doppio confronto tra Napoli e Juventus. Sguardo rabbioso e deluso quello dell’argentino, beffardo e saccente quello del presidente.
Uno dei temi della doppia sfida è diventato “l’argomento”, quello degno di maggiore attenzione. La bilancia ha inconsuetamente pesato dalla parte del numero uno azzurro, non esplicitamente, ma per induzione. Gonzalo Higuain è stato sportivamente massacrato, subissato di fischi, spogliato di tutti quei fantastici ricordi che sembravano indelebili. E’ stato inevitabile. Forzando leggermente il concetto di garantismo, potremmo anche dire che è stato giusto. Le motivazioni che si sono arenate in fondo alle giustificazioni mosse dal fratello-agente dell’argentino non hanno alcun valore. Gonzalo Higuian non era (e non è) l’unico calciatore a non andare d’accordo con il presidente Aurelio De Laurentiis ma, non ci risulta, ad oggi, nessun ex calciatore degli azzurri sbarcato sulla tanto odiata sponda juventina sfidando, con ineliminabili conseguenze, l’orgoglio partenopeo.
Dall’altra parte c’è lui, il presidente, abituato a primeggiare e mostrarsi attore principe ma, che stavolta, ha vestito i panni di mero spettatore. Ha pubblicamente dichiarato di aver fatto di tutto a suo tempo per trattenere Higuain a Napoli ma, che dinanzi al versamento della clausola rescissoria, non ha potuto fare altro che arrendersi.
Siamo così sicuri ad Aurelio De Laurentiis non abbiano fatto piacere quei 94 milioni di euro? Siamo così certi che il presidente non abbia inteso la cessione dell’argentino come un’opportunità piuttosto che come il funesto scenario di un avverso destino?
Il tifoso è tifoso, ed è giusto agisca come tale mettendo il cuore dinanzi a tutto il resto. Gli uomini che indossano la casacca azzurra invece, che la si indossi in campo o dietro una scrivania, in cima alle priorità hanno l’ambizione personale che nulla ha a che vedere con la fede. E non lo asseriamo con giudizio ma con fredda e lucida giustezza.
Gonzalo Higuian e Aurelio De Laurentiis hanno soddisfatto le rispettive priorità, ed hanno fatto bene. Il resto è scena. Un tormentone tipico di una soap opera che forse ha solo distolto attenzione ed energia a quello che era più importante in quel momento: il Napoli.
La vicenda avrebbe meritato una lettura asettica e anche un auspicio: spalancare le porte ad una maggiore concentrazione di energia che confluisse nella spinta propulsiva fatta di calore, passione, cori e colori per la nostra squadra del cuore, piuttosto che per la denigrazione e la distruzione degli avversari.
Ma purtroppo, ne siamo consapevoli, la conquista di una cultura sportiva degna di questo nome è difficile almeno quanto il vedere a Napoli, con la maglia azzurra, il nuovo Higuain.