L’addio di Paolo Cannavaro al calcio giocato non è stato un semplice cerimoniale. Non è stato l’addio di un campione del calcio, uno che con la tecnica sopraffina e i numeri dalla sua parte ha scritto indelebilmente il suo nome nelle bacheche che contano.
Piuttosto è stato l’addio di un uomo che nella vita ha fatto il calciatore ma che ha inciso il suo nome nei cuori delle persone che lo hanno incontrato sulla propria strada per altri motivi.
Professione difensore centrale. Discreta tecnica ma non una fisicità eccelsa e quella voglia di essere sempre spensierato che lo ha talvolta esposto a pericolosi slanci di ottimismo sul terreno verde.
Non è ciò che ha lasciato sui campi di gioco ad aver reso il suo nome incancellabile. Paolo Cannavaro è stato altro.
Estrazione della Napoli difficile, di quella fascia di territorio spesso bistrattata e non sempre esaltata per le sue qualità, Paolo Cannavaro sceglie la strada del cuore, sogna e sceglie di fare il calciatore. Quel cognome pesante sulle spalle lo accompagnerà sempre, il paragone inevitabile col noto e pluri-medagliato fratello Fabio si rivelerà ineludibile. Ma questo sembra essere un problema sulla bocca di tutti tranne che sulla sua, Paolo va avanti tranquillo e indisturbato, nonostante le rispettive storie viaggino su binari qualitativi distanti.
I successi professionali lo vedono soccombere, ma la sua forza è altrove, è in quel sorriso che non gli manca mai, è in quella goliardia che lo rende indispensabile, è in quella continua e perseverante voglia di manifestare il suo folle amore per la terra natia che lo rende emblema delle cose che contano.
Paolo ha il successo nel sangue, è portatore di positività e voglia di vivere, è naturalmente esempio.
Lo è stato da giovanissimo nelle esperienze di Parma e Verona, lo è stato nella sua Napoli per otto lunghi anni in cui ha indossato con orgoglio e la gioia di un bambino la fascia da capitano della sua squadra del cuore, prima di consegnarla tra le mani di quell’Hamsik che ha poi scritto pagine di storia.
Poi ci ha pensato Benitez a fare le fortune degli azzurri calpestando le sue. Brutto colpo per Paolo, costretto al nuovo distacco da Napoli. Ma lui la fiducia non la perde mai. Ha semplicemente chiuso una pagina felice per riaprirne una nuova che si è rivelata altrettanto bella.
Sassuolo oggi lo saluta con le lacrime agli occhi ed il cuore ricco.
Ieri all’Olimpico per la sua ultima apparizione sui campi della serie A a salutarlo non vi era uno stadio colmo come quello che ha tributato Francesco Totti, ad attenderle l’evento non vi era lo stesso flusso mediatico, ma le immagini del suo addio stanno viaggiando alla stessa velocità.
Il grande palcoscenico, i soldi, la notorietà, nulla c’entrano con i sentimenti. Paolo Cannavaro ci ha detto che contano solo quelli.
“Quando vedi le lacrime negli occhi dei tifosi e dei compagni vuol dire che hai lasciato qualcosa di importante”.
Paolo ieri si è espresso così. Ed ha ragione. Lui ha lasciato il segno. Ovunque.
L’essere umano al mondo ha un solo scopo, una sola missione: lasciare una traccia di sè e tu, Paolo, ci sei riuscito. Sempre.
Adesso raggiungi tuo Fratello Fabio in Cina, proprio come facesti nel lontano 1999 raggiungendolo a Parma. Avresti potuto fare il tuo tirocinio ovunque, hai scelto di farlo accanto a tuo fratello. Ancora una volta dimostrazione del fatto che per te i sentimenti contano eccome.
Tu hai dato l’addio al calcio, tutti insieme lo stiamo per dare al 2017. E lo facciamo santificando il tuo credo come auspicio per tutti per l’anno che verrà. Imperativo fare quello che hai fatto tu: lasciare una traccia di sè.