Forse è arrivato il momento di scoprire le carte e capire se Sarri ha bluffato o ha il poker.
L’essere è e non può non essere?
L’allenatore del Napoli non conosce mezze misure: nella comunicazione, nelle scelte tattiche, nella gestione della rosa. Un tempo si parlava di integralismo. Sì, senza dubbio Sarri lo è, integralista. Ma non fa nemmeno nulla per nascondersi. Io sono questo, non altro. E poca importa se la panchina su cui siedo è al San Paolo o al Le Fonti, io questo so fare. Se vi sta bene, altrimenti amen. Da ieri però, con la Juve di nuovo desolatamente sola a +4, nella testa di tutti i tifosi del Napoli vi è un dilemma atroce: ma ne è valsa davvero la pena?
Le due carte nelle mani di Sarri.
Due carte in mano e tre carte a terra. Quelle a terra ormai le abbiamo scoperte quasi tutte. Manca l’ultima che si giocherà allo Stadium tra oramai pochi giorni. Ma le due carte di Sarri sono quelle decisive per il giudizio finale della stagione: gestione della rosa e delle competizioni. Che poi sono due cose legate tra di loro, sia chiaro.
Sarri ha scelto la via delle certezze in campo. Ha scelto di affidarsi sempre agli stessi undici titolari più due/tre riserve, privilegiando la solidità di un gruppo, oggi scopriamo, a discapito di una condizione fisica che tende all’appannamento.
Dite che lo si poteva ipotizzare? Beh, certo, probabilmente in molti lo hanno pensato nei mesi scorsi, ma tutti ci siamo affidati alle sapienti mani del tecnico. E ogni partita, ogni vittoria non faceva altro che posticiparci il dubbio che è esploso in tutta la sua franchezza in gennaio e nei successivi mesi di freddo.
Il Napoli ha rallentato. Lo ha fatto nel gioco, nella lucidità mentale, nella forza di imporsi, nella condizione atletica. Tutti fattori legati l’un l’altro e che a valanga sono venuti giù nella valle del Mapei Stadium.
E così, quella carta nelle mani di Sarri, che potrebbe ancora mostrarsi vincente se per una serie di congiunture astrali la nostra antagonista dovesse venire meno nel momento decisivo del campionato (ahinoi, ormai poco possiamo affidarci a questa idea), in realtà è un boomerang che ritorna dritto sulla fronte del tecnico.
Paradossale no? La scelta per cui hai raccolto il maggior consenso in termini di punti e di gioco, potrebbe essere la croce (siamo a Pasqua, permettetecelo) sotto la quale la critica ti seppellirà.
Quel che semini, raccogli.
L’altra carta invece è quella delle competizioni. La chiara scelta (della società? del tecnico? della squadra? di tutti?) di abbandonare Champions League, Coppa Italia, Europa League, per dare spazio solo e soltanto al campionato è il jolly che avrebbe giustificato le figure barbine collezionate nelle coppe. Scegliere di giocare con tredici giocatori ha pesato notevolmente anche su questa decisione. Se non puoi gestire la rosa come fa la Juventus, ruotando insistentemente gran parte del gruppo, allora, colpo di genio, abbandoniamo i gravi e adattiamo il calendario a quella che è stata la gestione di gran parte della carriera del tecnico: una partita a settimana.
E’ il rischio dell’all-in, cari tifosi. Ieri, se Insigne avesse segnato in quelle occasioni nitide, probabilmente avremmo vinto e questo articolo non sarebbe esistito. Ma non lo ha fatto. E non è un caso che non lo abbia fatto. Insigne non ha fatto gol perché non era lucido. E perché non era lucido? Perché era sovraccaricato di lavoro e di tossine fisiche e mentali. Forse, se avesse giocato qualche partita in meno durante questa stagione avrebbe fatto gol. Forse. O forse no. Non ne avremo mai la riprova. Ma il turnover non è stato inventato a caso, no?
Quello che sappiamo è che Sarri ha ancora le sue due carte in mano. Allegri sta iniziando ad abbozzare un sorriso, il tecnico del Napoli suda e impreca. Sta bluffando o farà all-in?