Inutile girare intorno all’argomento usando parole e frasi forbite pe indorare la pillola o camuffare le verdure nel piatto per farle mangiare ai bambini riluttanti: è GAME OVER!
Un naufragio, uno tsunami, una prova tecnica di bomba atomica, una Caporetto o Waterloo (a seconda del momento storico in cui la si voglia inquadrare).
La sconfitta col Bologna ad immagine e somiglianza dell’umano eroe Sinisa, non è che brucia, incenerisce. Incenerisce la mente perché non fa ragionare, il cuore, perché il tifoso del Napoli ne mette tanto, forse troppo; il fegato, perché ormai ha assunto in parecchi quella tonalità giallognola quasi verde che non è piacevole nemmeno da immaginare.
Da dove iniziare ad analizzare questa nefasta partita? Da un buon inizio, forse, in cui la squadra ha dialogato e si è spinta mantenendosi nell’area avversaria per tempi non brevissimi. Da una serie di azioni offensive che hanno fatto ben sperare, da quel gol di Lozano bello potente ma in nettissimo fuorigioco. Dal gol del vecchietto Llorente che illude.
Dal secondo tempo in poi, con il gol di uno il cui cognome sembra pari pari uscito dalla saga di Frozen, il Napoli è tornato il Napoli di tutta l’attuale stagione: giocatori sfatti, demotivati, sfilacciati, lenti. L’idea di gioco che non esiste, l’identità di gioco che latita, la facilità con cui si prende gol e di seguito alla quale sembra si smetta di combattere. E come non farci accecare dalla sufficienza di molti, a partire da Mertens, imbarazzante nella sua serie di tocchi e tiri sbagliati. Gli errori di Zielinski, che ci si ostina a farlo giocare da regista; le posizioni errate in cui sono stati piazzati Di Lorenzo e Maksimović, l’anonimato di Fabian Ruiz. A chi la colpa? Al panariello da cui viene estratta la formazione? Al Mister che parla una lingua incomprensibile e disegna algoritmi sulle posizioni da tenere in campo sui verdi prati di CastelVolturno?
Al netto, appunto, dell’ennesima formazione messa in campo da Ancelotti, lo stesso, a fine partita, ha ammesso che ci sono problemi tecnico-tattici e che i giocatori non si stanno impegnando.
Ah, ecco spiegato il tutto! La colpa è la loro se questo Napoli contro il Bologna è stato letteralmente inguardabile.
Ha però anche ammesso le proprie responsabilità, cosa che è doverosa, soprattutto per la sua dignità di professionista blasonato.
Purtroppo, dopo i lumicini di speranza visti a San Siro e a Liverpool, con la batosta contro il Bologna, i due eventi sopracitati ci appaiono come la classica “miglioria prima della morte”. E, diciamocela tutta: nessuno si aspettava questo tonfo, perché Anfield aveva caricato a pallettoni gli animi di molti (non tutti, ad onor del vero) che vedevano in questa partita la prima di un filotto positivo.
Il Napoli, invece, si ritrova in mezzo al mare impetuoso, e non al tramonto, come cantava Zucchero, ma nella notte buia di un settimo posto che lo esclude da tutto, con giocatori e allenatori che mentalmente sembrano a distanze siderali gli uni dall’altro, con una società che sta a guardare, che si fa sentire ma che non da scossoni definitivi e fare la sua parte nella rinascita della squadra.
I tifosi intanto stanno lì a guardare, a domandarsi e scervellarsi sul perché di tanto buio intorno; allo stadio non tifano, da casa soffrono… A loro davvero non pensa nessuno? E’ davvero tutto soltanto un “affaire” squadra/allenatore/società? Il Napoli è davvero diventato solo questo?
Verrebbe da dire “lo scopriremo solo vivendo”, ma diciamola tutta, se continuiamo così, chi campa più???