Nel mondo del calcio ci sono una serie di esasperazioni allucinanti che continuiamo a vivere come se fossero cose normali:
il razzismo, i cori contro gli avversari, quelli beceri, quelli inascoltabili;
Ci sono le ostilità, le questioni campanilistiche, quelle che non hanno senso razionale;
Ci sono gli odi, che qualcuno definisce sportivi, ma pur sempre di odi si tratta;
Ci sono i danari, tanti danari. Tanti da far rabbrividire qualche moralista incallito;
Ci sono le attese, talvolta esagerate, esasperate, al limite dell’ingiustificata frenesia;
Ci sono i battiti tachicardici, quelli che in alcuni casi ti fanno dubitare della tua integrità mentale;
Ci sono le esultanze, quelle frenetiche, quelle folli, quelle incontrollate, quelle che a volte ti fanno chiedere a te stesso perché ti stia sbattendo tanto;
Poi ci sono le lacrime.
Quelle vere. Quelle dolorose ma belle. Quelle indimenticabili;
Quelle che si versano perché ci si imbatte nel video di addio di un calciatore belga;
Si, di addio. Perché non sarà mai più come prima.
Lo si vede una, due, dieci, cento volte, sempre con lo stesso nodo alla gola, sempre con quella che sembra una sottile vena di masochismo che ti attanaglia e non abbandona.
In fondo è fierezza. E’ orgoglio.
Ci si sente amati da chi non aveva niente di noi e adesso ha tutto.
Ci si sente apprezzati da chi manco conosceva la nostra terra e adesso soffre per un distacco che non avrebbe desiderato avvenisse mai.
Bello. Bellissimo. Stupendo. Emozionante.
Che De Laurentiis apra gli occhi: il calcio vero è questo.
Non una fredda qualificazione in Champions League.