Lo sguardo è attonito, incredulo. E’ quello del tifoso italiano di calcio, che per passione, per inclinazione naturale, per inspiegabile tendenza, continua a nutrirsi di calcio.
Fiorentina-Juventus è “la partita”, per gli appassionati di calcio, ma soprattutto per i sostenitori del Napoli. Una partita che può sostanzialmente scrivere la parola fine in calce ad un campionato che gli azzurri hanno sognato addirittura di vincere.
Una partita che non può non essere vista.
La gara è viva, bella, gradevole, ma il risultato non si sblocca. Poi ci pensa Tagliavento, l’arbitro, a non assegnare un gol regolarissimo a Bernardeschi segnalandogli un fuorigioco inesistente. La partita, in orario di cena, diventa assolutamente indigesta al minuto 44° allorquando Rugani in preda ad una clamorosa mancanza d’affetto, abbraccia vigorosamente Alonso in area di rigore trascinandolo a terra. L’arbitro, commosso, lascia proseguire.
Per fortuna sopraggiunge l’intervallo: all’arbitro e ai calciatori viene somministrato un tè caldo, ai tifosi “colorati” a casa fiumi di camomilla.
Su Napoli imperversa il maltempo, Il cielo non è terso, e gli stessi nuvoloni invadono per l’ennesima volta anche il mondo del calcio, ne minano la limpidezza, ne opacizzano la trasparenza. “Ancora favori arbitrali alla Juventus?” Si chiedono sbigottiti i tifosi. Imperversano i post sui Social Network, più o meno coloriti, più o meno simpatici, spesso rabbiosi e purtroppo volgari. La collera è tanta, il vaso è colmo, la pazienza latita, la frustrazione dilaga.
I gestori del calcio in Italia diventano d’incanto agli occhi di tutti sopraffini architetti, capacissimi di sedersi a tavolino e creare ad hoc un disegno pro-Juventus.
La storia non è recente, non solo è datata, ma è anche ciclica, e le uniche cose che vengono spese, al di là dei soldi per acquistare biglietti o abbonamenti Tv, sono fiumi di parole.
Parole di appassionati delusi, sconcertati, allibiti, ormai scettici.
Non sono dunque parole buttate al vento. Sono parole che hanno un peso. Sono parole che agitano, irritano, istigano, aizzano.
La Juventus gode di favori arbitrali, questo è un dato certo, casuale o meno non lo sappiamo. Noi non conosciamo la verità, ci poniamo solo delle domande.
La parte romantica dalla quale fatichiamo a staccarci ci porta ad utilizzare la parola casualità. E’ quella che ci consegna tra le mani un batuffolo di credibilità in un mondo molto poco credibile. Quando poi gli arbitri provano crudelmente a distruggerci il sogno, l’inganno, il precostruito, il pezzotto invadono il nostro cono visivo.
Un’altra riflessione ci viene in mente: la polemica è stata il sale di molte minestre, l’ingrediente che crea dibattito, seguito, quindi indotto.
Se ci fosse un motivo antropologico alla base di tutto?
In ogni nucleo sociale, micro o macro, ci deve essere una valvola di sfogo, una fogna, da dove far uscire i veleni, le magagne.
In sintesi: più vengo privato di quello che mi spetta e più seguo l’evento in attesa mi venga restituito.
Una teoria subdola che può avere margini di veridicità. Ma anche una teoria pericolosa.
Una giostra che continua a girare alla velocità della luce, che vive insoddisfatta ma che non ne vuol sapere di fermarsi.
Il meccanismo è in piedi e funziona ancora alla grande. Il tifoso si lamenta ma risponde presente. L’appassionato si dondola sull’altalena che lo sballotta dalla gioia al dolore e viceversa. Ma è anche vero che più di qualche tifoso ha tirato i remi in barca, stanco e disgustato.
Ai vertici del calcio andrebbe fatto notare che qualche pezzo per strada si stia perdendo e che la logica degli antichi romani aizzati dai combattimenti vissuti all’interno degli anfiteatri potrebbe non essere la carta vincente. I tempi son cambiati e probabilmente in un mare di sfiducia, l’àncora della credibilità nel calcio potrebbe risultare il vero asso piglia tutto.