Quattro partite al termine del campionato ma il giovane talento proveniente dal settore giovanile dell’Atalanta ancora deve fare il suo esordio con la maglia azzurra.
In principio fu un infortunio al primo allenamento e subito si pensò alla malasorte e al fatto che ci sarebbe voluto almeno un mese per vederlo in campo. Poi venne il recupero, gli allenamenti con la squadra e solo tante tribune e panchine. Il campo, mai. E’ questa la storia dei primi quattro mesi napoletani del centrocampista cresciuto tra le sapienti mani di Edy Reja.
Proviamo a capire quali sono state le scelte del mercato di gennaio che hanno spinto la società a prelevare immediatamente Grassi dall’Atalanta ma che hanno portato ad un suo mancato utilizzo finora.
A gennaio il Napoli vive il suo periodo più florido: nonostante l’estromissione dalla Tim Cup ad opera dell’Inter, la squadra di Sarri è ancora in corsa per l’Europa League ed è prima prima in classifica in campionato in piena corsa scudetto (addirittura considerata dagli addetti ai lavori come favorita per la vittoria finale).
Il Presidente De Laurentiis annuncia a più riprese che la squadra sarà rinforzata e verranno acquistati due tasselli per rinfoltire la rosa in due ruoli: un centrocampista che possa alternarsi con le due mezzali (in particolare con Hamsik) e un difensore centrale da affiancare a Vlad Chiricheș come alternativa ad Albiol e Koulibaly.
Come al solito, il mercato azzurro è lento e macchinoso, e solo nell’ultima settimana di gennaio, dopo il susseguirsi di tanti nomi roboanti, arrivano Alberto Grassi e Vasco Regini. I ruoli sono quelli, il profilo è diverso rispetto a quanto si aspettavano i tifosi. Quanto meno per Grassi, Regini in effetti si è dimostrato il rincalzo adatto: tanta silenziosa panchina e il campo lo vedrà solo in caso di cataclismi.
Vada per Regini, ma perché zero minuti anche per Grassi? Conoscendo l’integralismo sarriano nella scelta degli uomini da schierare, non sarebbe stato preferibile a questo punto optare per un giocatore dal profilo diverso oppure rinviare a giugno il suo acquisto e puntare su Chalobah che già era in rosa?
Due le soluzioni al quesito: o è stato effettivamente un acquisto precoce spinto dalla voglia di prendere un prospetto giovane e garantito da gettare all’occorrenza nella mischia, oppure l’acquisto era potenzialmente giusto ma Sarri non lo ha valutato idoneo e pronto a subentrare nei meccanismi ben oliati del centrocampo partenopeo.
Con il senno di poi, certo, è facile, ma arrivati a cinque giornate dalla fine del campionato bisogna affermare che la strategia di mercato azzurra sarebbe potuta essere diversa: data la bontà del giocatore, giusta la scelta di non farselo sfuggire e acquistare il cartellino già a gennaio, ma sarebbe stato preferibile lasciarlo all’Atalanta per fargli accumulare presenze ed esperienza nella massima serie. Si sarebbe puntato ancora su Chalobah e David Lopez come alternative ad Allan e Hamsik, e Grassi sarebbe arrivato a luglio con cinque mesi di esperienza in più nella massima serie.
Il suo acquisto, fino ad ora, è stato inutile e dannoso per il giocatore stesso. Inutile perché non ha potuto contribuire in alcun modo alla rotazione (seppur minima) del centrocampo azzurro e, addirittura, dannoso perché ha estromesso l’ex bergamasco da una fase del campionato che lo avrebbe visto crescere e maturare nel suo club di origine.
Lo vedremo in campo? Si, molto probabile che accada. Quando? Difficile dirlo. L’occasione propizia si è presentata durante Napoli-Bologna. il destino sembrava aver disegnato la serata perfetta per l’esordio: Napoli in largo vantaggio e Bologna oramai corde. Una situazione favorevole per un debutto che puntualmente non è avvenuto. A questo punto, possiamo solo sperare che Sarri blinderà prima il secondo posto e poi lo lancerà nella mischia. Forse l’occasione migliore si presenterà solo all’ultima giornata, quando la classifica sarà ormai definita e il podio per l’accesso all’Europa che conta sarà oramai certo. Certo, se neanche in quel caso dovesse accadere lasciando a Grassi un triste zero minuti nelle statistiche stagionali con la maglia azzurra, rappresenterebbe un campanello di allarme sulla valutazione che il tecnico ha del giocatore.