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Partenopeismi

Il silenzio dei colpevoli

Fa arrabbiare qualcuno, ne fa gioire altri. Il silenzio stampa, insomma, non è mai insignificante. I primi a non condividerlo sono i tifosi, sempre vogliosi di abbeverarsi dalle dichiarazioni dei tesserati della propria squadra del cuore. A seguire, anche palesando in maniera evidente il proprio disappunto, ci sono Sky e Mediaset, le piattaforme televisive che hanno acquisito a suon di milioni i diritti di trasmissione del mondo calcio, interviste comprese. A gioirne, invece, sono tutti quei calciatori che voglia di parlare proprio non ne hanno, quelli che nell’obiettivo della videocamera vedono il mostro di Loch Ness, quelli che hanno paura di non riuscire a rilasciare dichiarazioni imprigionate nel politichese. Ma a gioirne è anche chi lo promuove.

Il Napoli ne beneficia dalla fine del mese scorso, 5 aprile, giorno in cui il Giudice Sportivo Tosel ha commissionato 4 giornate di squalifica a Gonzalo Higuain di seguito all’espulsione dell’argentino durante la gara tra Napoli ed Udinese. La motivazione della Società azzurra? “Non influenzare la sentenza sul ricorso per la squalifica del tesserato Gonzalo Higuain”. Ricorso che poi porterà alla riduzione della pena di una giornata.

Ma il Napoli non è nuovo a decisioni di questo tipo.

Anche la precedente gestione tecnica, con al timone Rafa Benitez, ha vissuto un longevo periodo di silenzio. Fu proprio l’ex tecnico del Napoli a polemizzare in diretta Tv con Massimo Mauro, commentatore Sky. L’atteggiamento provocatorio dell’ex Juventus e Napoli innervosì non poco Rafa Benitez fino ad impietrirlo in un rumoroso silenzio che proseguì al di fuori degli studi televisivi con il silenzio stampa imposto da Aurelio De Laurentiis.

Ed il silenzio stampa non è nemmeno un “vizio” recente: anche la lunga era Mazzarri ha spesso visto il Napoli attuare pratiche ascete, talvolta imposte dal Presidente, altre addirittura improvvisate dall’allenatore toscano.

Potremmo definirlo, spinti da un istinto masochista, “stile Napoli”.

Non propriamente edificante come etichetta, non lodevole come usanza, non tipicamente l’espressione di un’etica professionale di prim’ordine.

Risulta comprensibile la esigenza di trincerare momenti difficili, pecche ed umori, ma non si dovrebbe mai sfociare nella limitazioni dei diritti altrui.

Ma quando e soprattutto chi ha attuato il primo silenzio stampa?

Bisogna tornare indietro nel 1982, in Spagna. Dopo il deludente girone eliminatorio, gli azzurri di Enzo Bearzot decidono di non parlare più con i giornalisti. Le dure critiche, le voci sui ricchi superpremi ai calciatori e una battuta infelice su Rossi e Cabrini furono i motivi che determinarono la clamorosa decisione di sigillarsi la bocca, solo il capitano Dino Zoff era il portavoce dell’Italia durante il silenzio stampa. Senza dubbio alcuno, un silenzio stampa beneaugurante per come è poi finito il torneo.

Ma queste sono faccende di Nazionale. Il campionato italiano parla un’altra lingua. E non è certo quella de silenzio.

La Juventus è neo-campione d’Italia per la quinta volta consecutiva, ma, per chi non lo sapesse è anche campione di logorrea.

I bianconeri non praticano il silenzio stampa dal lontano agosto del 2012, per aver ricevuto il “no” della disciplinare alla proposta di patteggiamento per l’ex tecnico bianconero Antonio Conte nella vicenda legata al calcio-scommesse.

Per risalire ad un silenzio stampa dei bianconeri legato al campo bisogna tornare addirittura alla stagione 2010/11. Protesta causata dalla mancata concessione di un calcio di rigore per un fallo di mano di Bovo in Palermo-Juventus.

Anche qui, volendo essere provocatori, potremmo argomentarlo come lo “stile Juventus”, ma ci asteniamo.

Non mettiamo il becco al di fuori di casa nostra. Limitiamoci a definire il silenzio stampa del Napoli un neo da curare, una macchia da eliminare. Una società come quella del Napoli, cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi dieci anni, non può e non deve barricarsi per nessun motivo dietro il silenzio stampa. Decisamente una pessima abitudine.

Una di quelle costanti che non ci fa essere assolutisticamente fieri dello “stile Napoli”.

 

 

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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