Immaginate una scena che si svolge in un vicolo buio: due pellegrini passano all’esterno di un’osteria dalla quale un oste li invita ad entrare. Ai loro piedi un pezzente chiede l’elemosina, uno dei due cavalieri si priva di un pezzo di mantello e glielo dona. Sulla sponda opposta della scena, una donna che porge il suo seno ad un vecchio carcerato, alle loro spalle si intravedono i piedi di un cadavere trasportato verso l’ignoto, in alto una bella donna con il figlio in braccio che stende le lenzuola in un vicolo che forse sole non ne vede mai, assistita da bei giovanotti alati.
Una scena del genere è indubbiamente emblematica delle sette opere di misericordia. L’ambientazione è Napoli, la Napoli del 600, la Napoli fatta di stento e sostegno, di contrasti, di contraddizioni. Ma tutto ciò è anche la Napoli di oggi.
L’esaltante vittoria del Napoli sul campo della seconda forza del campionato ci ha catapultato proprio lì, in una chiesetta al Pio Monte della misericordia a Napoli, un vicolo buio e poco piacevole alla vista, laddove giace uno dei capolavori di Caravaggio: “Le sette opere di misericordia”. Un quadro che raccoglie e mostra con crudeltà e spietatezza la realtà esistenziale del napoletano, fatta di contrasti, di contraddizioni, di orgasmi e lacerazioni.
Una Napoli che vive di eccessi, di tutto e di niente, di esaltazione e depressione.
Il Napoli che ha vinto a Roma non è stato solo in Napoli di Maurizio Sarri ma anche quello dei napoletani, quello che ha incarnato alla perfezione l’indole partenopea. Una gara – quella giocata dagli azzurri – interpretata benissimo, con la personalità di chi pian pianino sta diventando grande, con la sicurezza di chi sa di essere bello, ma anche con la fragilità di chi si porta dietro il più inguaribile dei difetti. Proprio come la Napoli che giace alle falde del Vesuvio: una città che nel corso della storia non è mai cambiata, una città che si porta dietro magnificenze e scempi.
Il Napoli ieri ha fatto godere i suoi tifosi ma li ha fatti anche arrabbiare. Una gara giocata in quel modo spettacolare non può essere messa in discussione da sei minuti finali al cardiopalmo. Un forcing – quello della Roma – che ha prodotto ben quattro palle gol nitidissime negli ultimi minuti di gara e che solo uno spettacolare Reina ha permesso non si tramutasse in un inconcepibile pareggio.
Caravaggio traduce in pittura la concezione della realtà dell’uomo, una realtà fatta di contrasti, di contraddizioni, di antinomia, di un qualcosa che il Calcio Napoli deve assolutamente correggere: l’avere la fulgidezza delle luci e la tenebrosità delle ombre.