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Partenopeismi

L’inefficienza che rischia di macchiare una passione

Si era svegliato col pensiero fisso di chi non vedeva l’ora arrivasse l’evento. Era bellissimo alle 12,30, orario di partenza verso lo stadio San Paolo: occhioni azzurri come quelli del papà, nascosti sotto uno sciarpone ed una bandiera dello stesso colore, quella del Napoli.

Il suo sogno era in procinto di avverarsi: i campioni tanto ammirati dalla Tv di lì a qualche ora li avrebbe visti dal vivo per la prima volta. Ma il piccolo Josef – questo il nome del tenero tifoso azzurro – era assolutamente inconsapevole di ciò che da lì a poco si sarebbe scatenato.

Facciamo un salto indietro.

Il papà di Josef, sporadico frequentatore dello stadio San Paolo per limitate disponibilità economiche (mancava dall’impianto di Fuorigrotta da ben 6 anni), cerca sul sito ufficiale della società informazioni sulla procedura per l’acquisizione dei tagliandi per assistere alla gara Napoli-Crotone.

Trova senza particolari problemi la suddivisione dei settori e i relativi costi. Fatica maggiormente a comprendere dove si possano acquistare i biglietti, ma, girovagando in rete, capisce che esistono dei rivenditori ufficiali. Effettua una ricerca per individuare quello più vicino casa e vi si reca. Decide che questa deve essere una giornata indimenticabile per il piccolo Josef, che attende questo giorno da tanto, troppo tempo.

Il papà del piccolo chiede lumi al rivenditore in merito alle notizie non evinte dal sito ufficiale: “mio figlio paga”? – chiede. Gli viene risposto che i bambini fino ad un metro di altezza entrano gratuitamente, per cui, essendo Josef alto 97 centimetri, viene acquistato soltanto un tagliando di Tribuna Nisida.

La giornata è bella, il tragitto verso lo stadio, seppur minato dal solito traffico sostenuto, è emozionante. Tanti sono i bambini che vivono l’attesa come Josef, allegri, vivi, felici.

La fila presente al pre-filtraggio è corposa, ma la gente è composta, educata. Orgoglio partenopeo? Si. Almeno per il momento. Man mano che ci si avvicina alla recinzione metallica all’esterno della quale operano gli steward il clima cambia, peggiora. La tensione sale, la loro, non quella dei tifosi in fila.

Finalmente tocca a Josef e all’orgoglioso papà, ma lo steward li ghiaccia entrambi: il bambino non entra, ha più di quattro anni. Ad avvalorare la tesi del lavoratore con la pettorina gialla ci pensa il suo braccio rivolto verso un cartello esposto che certificava la teoria esposta. A nulla sono valse le giustificazioni del giovane papà che, giustamente, lasciava ricadere le responsabilità sul rivenditore e, indirettamente, sulla società responsabile dello stesso. Il responso non cambia: il bambino non entra. Se vuole – continua lo steward con fare nevrotico e stressato – vada a comprare il biglietto.

Il monitoraggio della zona circostante da parte del papà di Josef è repentino, a ridosso del pre-filtraggio ci sono due botteghini la cui funzione è nota (forse) solo agli habituè. Si fa spazio tra coloro che compongono la fila e chiede disperatamente informazioni non si sa precisamente a chi: risultava impossibile penetrare con la vista uno sportello così tetro, quasi carcerario. La risposta dell’invisibile addetto è altrettanto glaciale: signore, sono ben cinque anni che non si vendono biglietti al botteghino, deve andare in un rivenditore a via Leopardi.

Mancavano 20 minuti all’inizio e la corsa affannosa verso il rivenditore comincia a donare, a quella che doveva essere una fantastica giornata, tracce dell’ incubo. Anche lì, fila. Si è obbligati a farla, non è lecito sapere quali siano i tagliandi di cui c’è disponibilità. Solo allo sportello si scopre che quelli di Tribuna Nisida sono terminati. Lo sconforto, ormai, è dilagante, non resta che tornare a casa, sconsolati.

La strada verso l’auto consegna all’afflitta coppia di appassionati l’ennesimo scotto: il Napoli manca un paio di occasioni da rete e dall’esterno dello stadio si ode il boato del rammarico da parte del numeroso pubblico. Josef chiede al papà se il Napoli avesse segnato e, soprattutto, si chiede il perché non fosse li ad assistere assieme a tutti gli altri bambini.

La risposta sta nel rispetto di una regola.

Per carità, le regole son regole ed è giusto vengano rispettate. Bene ha fatto lo steward ad essere rigido ed inflessibile. Un atteggiamento del genere – siamo sicuri – consente allo stadio, in quanto palcoscenico del gioco del calcio, di essere ambiente più sano e controllato. Ma nonostante ciò, qualche riflessione in merito a quanto accaduto non può non essere fatta.

Il Calcio Napoli è tenuto sul sito ufficiale a dare informazioni di questo tipo. Non si possono dare ragguagli sulla gara (CLICCA QUI) ed omettere una indicazione prioritaria. E anche qualora lo si volesse rendere non direttamente responsabile della disavventura di Josef, non può permettersi il lusso di essere macchiato da episodi così incresciosi per colpa di terzi.

L’errore (grave) della ricevitoria ricade dunque sulla coscienza della S.S.C Napoli che, seppur non sia responsabile della inefficienza altrui, ha l’obbligo di mettere a disposizione dell’utente gli strumenti necessari per verificare la veridicità delle informazioni raccolte da terzi.  

Il Napoli ha vinto ed ha reso felici migliaia di bambini, ma, piuttosto che la gioia per la doppietta di Insigne ed il gol di Mertens al piccolo Josef è rimasta l’amarezza di un esordio da dimenticare.

 

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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