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Partenopeismi

Noi non siamo napoletani!

Sono nato tifoso del Napoli, lo era il mio papà e l’ho imitato da subito. Ricordo quando mi portava allo stadio, mi teneva per mano e mi invitava a lasciare a casa tutti gli oggetti di valore per paura li rubassero. Ricordo che per impegnare il tempo per raggiungere lo stadio avrei voluto portare in macchina l’autoradio ma papà me lo proibiva. Non aveva intenzione di portarselo dietro e non voleva lasciarlo in auto poiché l’avrebbero derubato. Nonostante questa proibizione mi incutesse un certo sconcerto, andare allo stadio mi piaceva.

Papà mi portava nei settori più tranquilli, quelli in cui si urlava di gioia ai gol del Napoli e ci si rammaricava con un certo contegno e rispetto per gli avversari. Mi piaceva stare lì e mal digerivo le aspre avversità e gli accanimenti feroci nei confronti degli avversari. A me piaceva andare allo stadio come se si andasse al cinema, composto, in maniera educata ma con tanta voglia di godermi lo spettacolo. Mi son fin da subito chiesto perchè invece lo stadio fosse una sorta di arena feroce, maltenuto, poco confortevole e tristemente squallido. Ma non l’ho mai capito. L’unica cosa che sapevo è che non mi piaceva e non era una situazione che sentivo addosso.

Poi sono cresciuto e da questa città mi sono distaccato. O meglio, non mi sono distaccato da essa, dalla sua straordinaria bellezza, dalla sua storia, motivo di vanto ed orgoglio per me, soprattutto da quando l’ho abbandonata. Forse non mi sono staccato nemmeno dalla Napoli che ha rappresentato il teatro dei miei primi anni di vita. La verità è che ho rinnegato la mentalità che ha ingolfato i potenti motori della città che aveva (e continua ad avere) il potenziale più grande del mondo. Per lavoro sono andato via e Napoli mi manca. Mi manca perchè la amo ma mi manca anche perchè la odio, perchè quello che ho trovato nella città in cui vivo adesso avrei voluto fosse lei a conquistarlo.

E invece no, è ancora vittima di chi non la sa gestire, di chi non sa prendersene cura a dovere, di chi non sa valorizzarla. Vivere lontano da essa mi ha fatto prendere le distanze da tutto ciò che non mi piaceva, compresa l’atmosfera che si respirava allo stadio.

Poi mi è capitata una cosa strana che in fondo non ho compreso ancora bene: adesso tifo per un’altra squadra di calcio. All’inizio ci sono stato male, non capivo. Avevo sempre amato l’azzurro, poi qualcosa mi è scattato, forse una sorta di rifiuto per ciò che mal digerivo e che, per una sorta di irrazionale parallelismo, ho associato al Calcio Napoli. Io sono diverso, mi dicevo. Io non amo essere come loro, io non sono come loro, io mi sento migliore. Ci ho sofferto, tanto. Sono stato male perchè ero napoletano e continuavo ad esserlo. Ma mi sentivo superiore per certi versi. Ero quello che non sapeva cosa fosse una brutta figura, quello che amava mostrare la sua educazione, il suo perbenismo, il suo sapiente modo di aver cura delle cose che amava. Io ero il napoletano a cui l’Italia del nord ha faticato ad aprire le porte di casa. Adesso sono un napoletano per bene, un cittadino integrato che ha saputo esserlo solo lontano dalla sua terra natale.

Ah, dimenticavo, sono anche uno dei tanti napoletani che ieri ha raggiunto Sassuolo per assistere alla gara del Napoli. L’ho fatto per i miei figli, tifosissimi del Napoli. Non li ho condizionati mai nella scelta, ci hanno pensato i nonni a farlo. Sono andati via dallo stadio contenti per la prestazione, molto meno per il risultato. Dopo circa vent’anni anche ai miei occhi è riapparso l’azzurro e devo dire che un certo effetto mi ha fatto.

La vera doccia fredda, però, l’ho avuta io a casa, allorquando mi sono imbattuto navigando sui social network nelle accuse mosse da parte di napoletani a Paolo Cannavaro colpevole di non aver agevolato il Napoli (sua città natale, nonchè squadra del cuore), in qualche maniera. Mi sono imbattuto in striscioni sgradevoli e post come questo: 

Lo hanno talmente ferito certe accuse al punto da invogliarlo a rispondere sui social (CLICCA QUI per vedere il video).

Io a suo tempo ho sbagliato, sono stato un debole, non ho avuto la forza di portare altrove le qualità del napoletano e far sì tutti se ne convincessero dell’esistenza. Ho sbagliato perchè istintivamente sono stato portato a tifare per un’altra squadra. Sono stato un perdente, un invertebrato, ne sono consapevole. Avrei dovuto tener duro e rimanere, lontano da Napoli, un esemplare di tifoso azzurro corretto e perbene. Non l’ho fatto ed ho sbagliato. Ormai non sono più in età da apprendimento, i margini di modifica di certi parametri sono irrisori. Resterò quel che sono e cercherò di rendere consapevoli i miei figli dei miei errori.

Ma se penso all’accanimento di alcuni napoletani nei confronti di Paolo Cannavaro, “reo” di aver svolto onestamente il suo mestiere, mi cadono le braccia. Se associo questa arretratezza mentale alla città di Napoli mi sento male. Cosa penserà la gente del nord quando apprenderà una notizia del genere? Ci sarà la solita corsa alla generalizzazione, non si distinguerà nella maniera più assoluta il becero che ha pubblicato un post simile da chi, invece, se ne discosta completamente.

Sulla bocca di tutti giacerà l’immagine del consueto napoletano. Ma che stupido che sono! Questo non è più un problema mio…Sarà l’età, l’avevo dimenticato: “noi non siamo napoletani!”.

 

Un ex tifoso del Napoli

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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