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Il derby di Milano: dal campo al bilancio

Nelle prossime ore si gioca il derby di Milano, appuntamento immancabile per tutti i tifosi anche di fede diversa da quelle rosso-nero-azzurre. Noi, da Napoli, proviamo a giocarlo non in campo, bensì dall’ideale scrivania di chi redige i bilanci d’esercizio. Chi vince tra i due gruppi cinesi che hanno da poco messo le mani sul pallone meneghino? Scopriamolo insieme.

Criteri di redditività generale

Esistono vari metodi per calcolare lo stato di salute di una società. Quando si comparano i dati relativi a più soggetti, al fine di capire quale di essi sia il “migliore”, è tuttavia fondamentale che i numeri siano comparabili, nel senso che si riferiscano allo stesso argomento e che siano raccolti nello stesso intervallo temporale. Rappresenta quindi premessa metodologica il fatto che in questo articolo i dati presentati si riferiscono al bilancio chiuso al 30 giugno 2016 (le società di calcio osservano l’esercizio a cavallo d’anno), l’ultimo disponibile per entrambi i club.

Un metodo che illustra in modo attendibile la qualità dei conti di una società è il calcolo degli indici di redditività generale. Partendo dai dati di bilancio, si possono calcolare svariati rapporti, il più completo dei quali (con riferimento a società commerciali) è l’Operating Margin, in sigla OM:

La differenza al numeratore rappresenta la misura monetaria di quanto i ricavi totali (diritti tv, sponsor, stadio e premi per la partecipazione alle coppe) siano in grado di coprire i costi della gestione caratteristica, che per una società di calcio sono rappresentati in buona sostanza dalle spese per il trasferimento dei calciatori, gli stipendi lordi e gli ammortamenti. Tale importo viene parametrato al fatturato, in virtù della capacità di remunerazione dell’attività svolta dalla società (dati in milioni di Euro):

Entrambi i margini risultano pesantemente negativi, espressione di una gestione commerciale che non riesce a coprire i costi d’esercizio. Tuttavia, pur con un fatturato più basso, il risultato dell’Inter è migliore.

A completamento dell’analisi di bilancio, è possibile scrutare in un’unica misura il rapporto che la società ha con i suoi creditori. L’indicatore in questione, detto Posizione finanziaria netta (Pfn), sottrae dalle disponibilità liquide i debiti che il club ha verso i soci, le banche e gli altri finanziatori. Questa, chiaramente, è una misura per riscontrare la capacità che ha una società di pagare i suoi debiti con ciò che ha in cassa.

Anche da questo punto di vista la situazione è abbastanza critica per entrambe, ma il Milan è messo meglio con una Pfn negativa di 178,4 milioni, contro il –236,9 milioni nerazzurro.

Naturale conseguenza di questo discorso sono le sostanziose perdite d’esercizio: il club di Yonghong Li chiude il 2016 a -75 milioni, mentre il rosso di Suning sfiora i 60. Questa, beninteso, è una situazione sistemica che attanaglia le due società in quanto, se si considera il quinquennio 2012 – 2016, solo l’Inter nella stagione 2013/14 (peraltro a seguito di una grossa operazione straordinaria sui marchi) è riuscita a raggiungere l’utile d’esercizio, per il resto solo perdite. Il dato aggregato di entrambe nell’arco degli stessi cinque anni parla da solo: il risultato negativo complessivo supera i 600 milioni di Euro.

Il financial fair play imposto dall’Uefa

Se la situazione cristallizzata dei conti in un dato momento non è rosea, il quadro prospettico certo migliore. In un’ottica di rilancio dei due club dopo i cambi di proprietà, passando ovviamente per la stabile partecipazione alle coppe, le temute regole imposte dall’Uefa nell’ambito del fair play finanziario sembrano al momento un ostacolo duro da superare per Inter e Milan.

Giusto per fare un rapido ripasso, i principali criteri imposti da Nyon per le squadre che partecipano alla Champions e all’Europa League sono i seguenti:

  1. Nessuna presenza di debiti arretrati verso altre società, dipendenti e/o autorità
  2. Fornitura di informazioni finanziarie che riguardano il futuro
  3. Obbligo di pareggio del bilancio

I due contesti non sono confrontabili, perché ciascuna delle due società vive una fase diversa della sua esistenza: una realtà relativamente nuova si è da poco affacciata nel calcio, dalle parti di Casa Milan in via Aldo Rossi, un’altra era già attiva in patria nel business calcistico ed ha deciso di rilevare il club da Eric Thohir, che a sua volta lo aveva acquistato da Moratti. Se una comparazione non è possibile, è tuttavia verosimile inquadrare la situazione citando un vecchio detto: se Atene piange, Sparta non ride.

Il precedente punto 1 può essere sviluppato partendo dai dati della Pfn. Se ad essa si sommano algebricamente i crediti e i debiti nei confronti degli operatori di settore (nello specifico Lega e altre società di calcio nell’ambito del calciomercato) si ottiene la misura dell’indebitamento netto che l’Uefa impone di azzerare. Una misura che a giugno 2016 era fortemente negativa sia per il Milan (-204,6 milioni) che per l’Inter (-299,3 milioni).

Il punto 2, cioè la visione prospettica che l’Uefa chiede alle società, si traduce in ulteriori grattacapi su entrambe le sponde del Naviglio. Come noto, infatti, a fine 2017 il Milan si è visto rifiutare dal Financial Body di stanza a Nyon il voluntary agreement, vale a dire un documento nel quale la società comunica all’autorità calcistica europea in che modo intende riposizionarsi in modo corretto.

Rifiuto significa sottostare al successivo settlement agreement, un documento redatto dall’Uefa nel quale è lei stessa a imporre alla società modi e tempi di riposizionamento. Al mancato rispetto di ordini e scadenze scattano le sanzioni, che vanno dalla revoca dei futuri premi per la partecipazione alle coppe, al blocco del mercato, fino all’esclusione della società dalle competizioni europee.

L’Inter, dal canto suo, dal settlement ci è già passata e un riferimento certo dall’Uefa l’ha già ricevuto: il pareggio di bilancio deve essere osservato entro il 30 giugno 2018. Questo spiega, ad esempio, perché Sabatini non ha potuto operare sul mercato come Spalletti avrebbe voluto. E’ arrivato Rafinha invece di Pastore sostanzialmente per motivi economici. Sotto il profilo dialettico, nei confronti dell’Uefa, il club di corso Vittorio Emanuele è più avanti rispetto ai cugini rossoneri, ma gli introiti per la qualificazione in Champions potrebbero non escludere una cessione eccellente.

Del punto 3 si è già detto a commento dei dati di bilancio. La situazione è desolante per entrambe.

Lo studio condotto da KPMG

Al fine di misurare il valore delle 32 società più popolari d’Europa, il colosso della consulenza KPMG ha condotto uno studio denominato “Football Clubs’ Valuation: the European Elite 2017”. Esso si fonda sull’analisi di informazioni pubbliche relative agli stessi club, di carattere finanziario e non, relative alle stagioni calcistiche 2014/15 e 2015/16. KPMG ha sviluppato un algoritmo proprietario, che considera cinque indicatori specifici del settore calcistico: redditività, popolarità, potenziale sportivo, diritti di trasmissione e proprietà dello stadio.

Nello studio si legge che la metodologia applicata ai fini del calcolo si basa sul Revenue Multiple Approach, che misura il valore di un’azienda rispetto ai ricavi che genera. Gli introiti sono moltiplicati per un coefficiente derivato da osservazioni di club comparabili, le cui informazioni sono rese pubbliche. Ad esempio, sono considerate i dati riguardanti i club quotati in borsa oppure quelli oggetto di acquisizione.

In termini pratici, il fatturato del singolo club viene moltiplicato per i seguenti cinque parametri, che presentano diversi livelli di significatività e quindi un peso diverso nella formula:

  1. Redditività: per considerare la dimensione della redditività, relativamente agli ultimi due esercizi KPMG calcola il rapporto tra costi del personale e ricavi. Un rapporto alto indica scarsa capacità di generare profitti. Sebbene con un peso inferiore, a causa della maggiore volatilità, l’algoritmo considera anche l’Operating Margin al netto del player trading e l’Operating Margin complessivo;
  2. Popolarità: indubbiamente esiste una forte correlazione tra successo sul campo e seguaci sui social media. Pertanto, il numero complessivo di fans di una squadra è considerato un buon indicatore di popolarità;
  3. Potenziale sportivo: l’algoritmo assume che i club con gli organici di maggior valore hanno maggiori possibilità di successo sportivo. A tal fine, il valore di mercato della squadra pubblicato dal sito Transfermarkt è stato inserito all’interno della formula;
  4. Diritti di trasmissione: vengono inseriti nell’algoritmo gli introiti da diritti televisivi per le partite di campionato e i relativi criteri di distribuzione. Ciò perché tali introiti sono considerati fondamentali nel computo del prestigio di una società di calcio;
  5. Proprietà dello stadio: lo stadio per un club è uno dei più rilevanti elementi patrimoniali, insieme ai cartellini dei calciatori. La proprietà dell’impianto viene inserita nella formula in quanto comporta maggiori opportunità di generare ricavi.

In questa speciale classifica, nella quale il Napoli si colloca al ventesimo posto con un valore di poco superiore ai 400 milioni di Euro, il Milan è 15.mo con 547 milioni, mentre l’Inter e 19.ma con 429 milioni.

Dalla scrivania è tutto, è ora di far parlare il campo: lo spettacolo del derby sta per iniziare.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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