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Partenopeismi

Astori, oggi più capitano che mai

Davide Astori non c’è più. Così, all’improvviso.

Non esiste più spazio per il veleno, per le guerre dialettiche, per le polemiche. Le parole di tutti sono benevole, pregne di generosità, altruismo e commozione.

Oggi il mondo del calcio non è spaccato, ha messo da parte tutti gli screzi che prendono forma e quota nella quotidianità del mondo pallonaro.

Quando un evento così tragico si impone nella domenica che avrebbe dovuto farci mangiare pane e pallone, magari con le solite polemiche a fare da companatico, ti rendi conto che per te c’è invece in arrivo un messaggio molto più profondo. Ti sembra quasi che qualcuno abbia deciso che avevi bisogno di una pausa, che era necessario fermare le coscienze per riconoscere la strada buona da quella cattiva.

Oggi siamo tutti dalla stessa parte, sommersi da un profondo senso di incredulità e sconcertati dinanzi all’imprevedibilità della vita.

Non abbiamo la presunzione di provare a svelare il mistero dell’esistenza, ma l’umiltà e l’intelligenza di cogliere l’ennesimo messaggio che la vita ci invia, si.

Forse cadremo nella banalità, ma non possiamo non rammentare un’ovvietà che troppo spesso perde tracce di visibilità: la vita è davvero troppo breve per essere guastata da astio, polemiche e negatività.

E non possiamo nemmeno non chiederci perchè tutti, ma proprio tutti, siamo caduti in un profondo sconforto dinanzi alla notizia della scomparsa del capitano della Fiorentina.

La risposta è semplice e tanto bella: tutti abbiamo un cuore. Lo stesso cuore che troppo frequentemente è sovrastato da una socialità malata che ci fa salire quasi inconsapevoli sul carro dei contestatori, degli astiosi, dei rivoltosi, dei guerrafondai. Il gioco del calcio è diventato questo ma non è questo. Davide Astori non odiava nessuno, non faceva la guerra a nessuno, recitava solo un copione, impersonava solamente il ruolo che il mondo del calcio gli aveva imposto: quello del gladiatore pronto a morire pur di battere gli acerrimi nemici. Davide Astori non era nulla di tutto questo. Era un uomo che faceva il suo mestiere, che in campo dava l’anima, ma soltanto perchè rispettava le leggi dello sport. Il vero Davide Astori era quello che prima delle gare rideva e scherzava a bordo campo con gli avversari, era quello che a gara conclusa abbracciava tutti gli atleti a cui durante la gara aveva dato botte a iosa.

Era quello che leggeva “il Diario di Anna Frank”, dedicando anche una sua frase ai tifosi della Lazio che avevano esposto l’autrice con la maglia della Roma: “Quel che è accaduto non può essere cancellato ma si può impedire accada di nuovo”.

Era quello che finita la gara tornava alla sua vita di uomo normale, fatta di cose che contano davvero.

La morte di Davide ci angoscia profondamente, ci tappa la bocca e ci proietta in un mondo silenzioso in cui si ode solo la voce della paura. Fermare la quotidianità vorticosa di ognuno per dirsi che tutto può finire in un battibaleno lascia profondamente scossi.

Ma la vita ha il dono di tornare a parlare e quando lo fa a seguito di tragedie simili ci parla d’amore, di fratellanza, di buone azioni.

La morte di Davide Astori ci ha indirettamente indotto verso una profonda riflessione. Forse non sarà la prima volta che ci accade, forse non sarà l’ultima, ma sappiamo che ci proveremo sempre ad essere uomini migliori che danno senso alle cose che meritano di averne.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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