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Il vero autogol

Vogliamo credere che, stavolta, la cultura abbia avuto un ruolo.

Vogliamo credere che Gennaro Gattuso non sia stato assistito da una almeno sufficiente capacità dialettica ed espressiva.

Vogliamo crederlo.

Fare diversamente vorrebbe dire metterci nelle condizioni di salire sul treno di tutti coloro che hanno sparato a zero contro il tecnico del Napoli.

“Ci sono tante radio, tanti siti, se buttiamo le energie sul campo invece di leggere stronzate, forse, qualcosa possiamo ancora migliorare”.

Troppo facile contestare questa frase. Troppo fuori luogo queste dichiarazioni. Per più di un motivo.

Innanzitutto per lo stile.

Saremo arcaici noi, saremo poco inclini alla modernità verbale, in ogni caso, ci piace immaginare sulla panchina del Napoli un bravo tecnico che sia, innanzitutto, una persona educata che faccia della dialettica un suo punto forte.

Essere l’allenatore del Napoli deve significare anche questo. Perché si riveste un ruolo che conta. Quello che dice l’allenatore del Napoli ha un riverbero importante, arriva nelle case di tutti, scavalca qualsiasi barriera.

Dunque sono fondamentali sia il contenuto che la forma.

Stavolta, la tazza del gabinetto è davvero linda. La pipì è tutta per terra.

Innanzitutto perché il contenuto è completamente fuori luogo.

“In giro si leggono stronzate”.

Quali stronzate? Dette da chi? Gattuso farebbe bene a sapere che il qualunquismo è l’antitesi della cultura.

Non discutiamo in senso assoluto che in giro ci si possa imbattere in inesattezze, trivialmente definite stronzate, ma non è assolutamente corretto etichettare negativamente un’intera categoria.

Lottiamo tutti i giorni per cercare di fare al meglio questo difficile mestiere ed è impossibile non sentirsi feriti dalle gratuite parole di Gattuso.

La forma utilizzata – poi – è un’aggravante. Certo, magari in molti starete pensando chi sarà mai il troglodita che vi sta scrivendo in questo momento, chi sarà mai quest’anacronistico individuo che si scandalizza dinanzi ad una parolaccia.

Non è questo il punto. Chi vi scrive è abbastanza navigato per comprendere il decadimento di uno spessore morale sminuito in tutto il suo valore.

Oramai, involgarirsi e inselvatichire le espressioni fa moda, è fashion. Piuttosto che far rabbrividire fa sorridere. Piuttosto che isolare fa sentire caposaldi di una comunità numerosissima che acclama ed ammira.

Sappiamo benissimo che, oggi, il mondo è questo.

Ma un Gennaro Gattuso che si esprime usando quelle parole a noi non piace lo stesso. Perché non ci piace accomunarci alla massa, non ci è mai piaciuto.

Non ci piace perché abbiamo i nostri princìpi e li seguiamo anche se questo vuol dire andare controcorrente, anche se il vento che ci soffia contro è così forte da farlo sembrare quello emanato da Zefiro nella Venere di Botticelli.

E poi, non ultima in termini di importanza, l’ultima osservazione che porgiamo alla vostra attenzione: Gattuso si rende conto di quanto sia grave quello che dice dei suoi ragazzi?

“Questi giovani devono imparare a smanettare meno, oggi si va troppo sul telefonino, si leggono troppe robe”

Ma ve lo immaginate un Fabian Ruiz che prima di una gara sta seduto sulla panca dello spogliatoio con il cellulare tra le mani e si deprime perché legge qua e là che nell’ultima gara ha avuto 4 in pagella?

Ve lo immaginate sceso in campo con le gambe molli e la demotivazione sotto i tacchi perché ha letto troppe critiche sul suo conto?

Ci perdoni lo spagnolo, è stato preso solo in prestito per fare un esempio, non vorremmo contribuire al definitivo inabissamento della sua autostima.

Ci spiace dirlo, ma seppur la nostra testata reputi sia giusto continuare con questa guida tecnica fino a fine stagione, molte delle ultime uscite del tecnico calabrese non ci sono piaciute affatto.

Consegnare tra le mani dei calciatori azzurri l’ennesimo alibi ci è sembrato il vero errore di giornata. Altro che quello di Rrahmani.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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