Quel palo di Callejon all’ultimo secondo disponibile ha svuotato tutti e spento ogni residua speranza. Il Napoli, per leziosità, non ha portato a casa tre punti importanti. E va bene. Anzi, va male. Il Napoli non gioca male, non lo ha mai fatto, ma i ritmi anche stasera non sono stati infernali per cui la manovra non è più imprevedibile e pericolosa come qualche tempo fa.
Ma al di là dell’ennesimo spreco, sicuramente recuperabile in futuro, le risposte che desideriamo avere sono altre: perché Manolo Gabbiadini non viene schierato mai per novanta minuti? Cosa si nasconde dietro la gestione del calciatore bergamasco?
L’ex Samp è in evidente crisi d’identità, sta sgretolando minuto dopo minuto il bagaglio di autostima accumulato con la maglia dei blucerchiati. Non possono essere presunte difficoltà tattiche ad annientare completamente un talento di quella portata. Dunque, al netto di difficoltà ambientali, tattiche, di rapporti interpersonali, il nocciolo della questione è presumibilmente relativo ad una fiducia in se stesso che praticamente non esiste più.
E allora, perché ad un calciatore in netta difficoltà psicologica non vengono concessi mai più di 60 minuti? Quali possono essere gli effetti di una sostituzione che si ripete con una ciclicità imbarazzante? Siamo stati i primi a sostenere che Maurizio Sarri è colui che vive i calciatori tutti i giorni e ne conosce vita morte e miracoli. Non rinneghiamo dunque il rispetto della posizione di responsabile tecnico, ma pur continuando a rispettare le scelte di Sarri che, come è giusto che sia, crede di fare le scelte migliori possibili per la squadra, pretendiamo dal mister toscano la schiettezza che paventa in tutte le altre circostanze: sul mancato utilizzo di Manolo Gabbiadini ci dica la verità. Non ci accontentiamo più delle dichiarazioni di facciata che puntano il dito e il focus delle responsabilità sulla condizione fisica o sulla lettura dei momenti della gara. Cosa si nasconde dietro dichiarazioni palesemente formali? Che si tratti di bocciatura tecnica, tattica o caratteriale, quello che proprio non ci piace è il velo di mistero che sta lentamente sfociando nell’incomprensibile amarezza.
In attesa del mese di Gennaio che ci svelerà finalmente l’arcano affidiamo a Paolo Cannavaro il compito di trasformare, seppur solo parzialmente, l’amarezza in dolcezza: vederlo saltare sotto la curva B con gli occhi lucidi lo ha reso protagonista di uno splendido spot alla napoletanità.
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