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Tutto bello tranne il dolore

Un dominio esteso, quasi dovuto. Il diez eterno non poteva ricevere tributo migliore dagli azzurri.

Una cornice spenta e asettica quella del catino di Fuorigrotta, come triste abitudine da ormai qualche mese, che ha reso l’atmosfera più malinconica di quanto ci si aspetterebbe. Ma forse, è stato giusto così. È stato giusto condividere anche il silenzio in mezzo a tutte le immagini dell’uomo che ha incastonato un’era tra due pali e una traversa.

La punizione “suggerita” di Lorenzo e la rete finale di Politano stile anni ’80: apertura e chiusura di un match mai messo in discussione sul piano territoriale, dal risultato florido e ineluttabile, quasi come se ci fosse davvero lui a guidare l’undici partenopeo.

Sarà infantile, sarà ridicolo, sarà anche un po’ stupido, ma ieri si è disputata una partita “diversa”. La prima in A senza Diego. Per Diego. Come ha dimostrato quella maglia sbandierata dal capitano dopo il suo gioiello da fermo.

Entra in gioco la suggestione, la spiritualità: due sipari che hanno aperto e chiuso l’epopea napoletana del Pibe. Nel mezzo, una realtà irripetibile. Realtà che si è sospesa, ieri, lasciando il posto a una bolla di nostalgia che ha trascinato gli azzurri e annichilito la Roma.

Tutto troppo perfetto, per credere che sia reale. Tutto troppo bello per potersi abituare. Troppo etereo per pensare che il cammino sia diventato più facile.

Dispiace quasi rovinare l’elegia richiamando Mertens, al netto della rete unica nota stonata della sinfonia. Problema minimizzato ma terreno, presente e da gestire, vista la preoccupante striscia di gare sottotono del belga. Ma bisogna impegnarsi davvero tanto, per riuscire a farselo. Oggi nemmeno su questo si può alzare la voce.

Piuttosto è meglio bisbigliare, sospendere critiche e accanimenti: se ne sono già sentiti troppi in questi giorni. Oggi c’è solo il ricordo di una partita che squarcia un po’ la patina di cordoglio che ha avvolto Partenope nei giorni addietro. Del concreto, è ancora troppo presto per parlarne. Dell’epilogo, si può solo brandire un risultato.

Un risultato rumoreggiante, ma sussurrato: quattro reti camminando sulle nuvole.

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Aspirante scrittore, ossessionato dal cinema, dal Napoli e dalla lettura. Precario emigrante in virtù dell’affitto da pagare.
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