Finalmente.
Finalmente se n’è andato.
Le persone che hanno aperto questo articolo si dividono in tre categorie, più o meno: 1) quelli che dopo la prima affermazione hanno chiuso, schifati 2) quelli che leggeranno tutto il pezzo, condizionati dallo schifo avvertito per l’attacco del pezzo 3) quelli che sono d’accordo per motivi molto diversi tra loro.
Dopo aver idealmente salutato i primi, dico che mi dispiace molto che Hamsik se ne sia andato. Da un lato, perchè, come detto da Ancelotti stesso, il Napoli ha in organico calciatori per quel ruolo, ma non con quelle caratteristiche. Dall’altro, sono rammaricato per il fatto che non se ne sia andato prima.
Una Società come il Napoli che affida (ancora e purtroppo) il grosso dei suoi introiti al player trading, non può permettersi le bandiere. In realtà, nessuno può permettersele. Pena, come nel caso Hamsik, un depauperamento notevole della propria patrimonializzazione tecnica.
Proviamo a capirci. Per capitalizzare al massimo un calciatore, va ceduto entro i 28-29 anni. E’ un modus operandi necessario per mantenere o incrementare il valore complessivo della rosa. Hamsik doveva essere ceduto almeno due anni fa.Poi sappiamo l’anno scorso com’è andata , causa “patto scudetto”, talmente solido da sgretolarsi… “in albergo” (cit.). Qualche anno fa, il sacrificio del capitano azzurro, avrebbe potuto portare almeno 40 milioni. Con i quali si sarebbe potuto comprare un degno sostituto. Oggi, con i circa 25 milioni in arrivo dalla Cina, ti ci compri… un Inglese o giù di lì. Stesso discorso vedasi per Mertens e Callejon. In totale, a occhio e croce, un capitale di più di cento milioni gettati dal balcone.
Spesso si dice “solo la maglia”. L’espressione è chiaramente retorica. Ma presa alla lettera, dovrebbe essere quella la strada maestra.Preferiamo avere in rosa un nuovo Fabiàn Ruiz oppure portarci X o Y beniamino fino a fine carriera? Tutta la vita la prima. Perchè il Napoli viene prima di tutto, quindi anche prima dei singoli calciatori. Chi se ne frega di Hamsik, Insigne, Allan, Koulibaly. Sono “strumenti”. Finalizzati a fare il meglio per il Napoli. E se privarsi di qualcuno di loro, porta ad un miglioramento della squadra, che ce ne si privi!
Così cresce il Napoli. Attraverso gli addii che fanno disperare i tifosi. Cavani e Higuain insegnano. In maniera diversa. Col primo, abbiamo costruito il ciclo che si sta concludendo con colpevole ritardo. Col secondo abbiamo mancato un’occasione di crescita altrettanto esponenziale, investendo non completamente bene gli introiti derivanti dalla sua cessione.
Quindi il punto non è “vendere o non vendere”. L’assioma è “vendere”. La sliding door tra depauperamento e potenziamento è la sagacia con cui si investono quei denari.
Basti pensare a due esempi italiani. La Juventus di Moggi e l’Inter di Moratti. A prescindere da Calciopoli, la prima ha vissuto più cicli vincenti, privandosi, man mano, di calciatori come Vialli, Vieri, Zidane, e tanti altri, con le cui cessioni ha costruito le basi di cicli successivi vincenti. Moratti, invece, ha sperperato il patrimonio enorme che era l’Inter del triplete. Calciatori chiaramente a fine corsa come Milito, Cambiasso, Lucio, Samuel ecc sono rimasti. Ed è stato mandato via, ad esempio, Coutinho. Sappiamo oggi chi e cosa è il brasiliano, sappiamo che l’Inter, solo oggi, dopo quasi dieci anni, sta faticosamente cercando di ricostruire la propria competitività. Tutto questo proprio per questioni come riconoscenza e legame emotivo che Moratti nutriva verso certi calciatori. Non a caso, l’ex Presidente nerazzurro, è proprio quel modello di Presidente che molti imputano a De Laurentiis di non essere: “cacciava i soldi” ed era tifoso. Moratti, innamorato dell’Inter, a causa di questo amore, ha finito per distruggere la sua (amata, appunto) Inter.
De Laurentiis, invece, non aveva finora ceduto Hamsik non per affetto o riconoscenza, ma perchè ha ritenuto insufficienti le offerte ricevute negli anni per lo slovacco. Perchè va ricordato anche che (legittimamente, per chi scrive) il Capitano azzurro era pronto a trasferirsi al Milan, all’Inter e alla Juventus, durante questi anni al Napoli.
Anche altri stanno salutando con favore la cessione di Hamsik. Per motivi diversi, però. Perchè “hai rotto le scatole, se te ne vuoi andare, vai e non rompere!” oppure “ma è così che se ne va?”. Alcuni di questi, sono gli stessi che ci coprirono di insulti due anni fa, quando pubblicammo un articolo in cui si sosteneva che Hamsik non amasse davvero Napoli.
Ancora una volta, il punto è questo investimento emotivo nei confronti di un calciatore. Ci si esalta quando dichiara o scrive qualcosa che esalta la nostra città. Quasi sempre, secondo un’immagine oleografica di Napoli, che ci piace e ci compiace. Ma chi se ne frega se tizio o caio ama Napoli? C’è qualche folle che, potendo scegliere, avrebbe preferito in questi anni “Ciro” Mertens e tutto il suo portatofilonapoletano ad un fantomatico Leo Messi che dichiara “Napoli mi fa schifo”, portando però a Napoli cinque scudetti?Noi siamo quelli che ancora pensiamo a Sarri “a difesa della città”, magari per un dito medio, a fronte di un Ancelotti che, senza troppi proclami, nei momenti topici, dichiara e ribadisce la necessità di interrompere le partite in caso di insulti razzisti. Attirandosi critiche persino dal mondo della Politica.
E ancora non impariamo. Abbiamo fischiato Cavani, salvo poi piangercene istericamente il mancato ritorno. Abbiamo amato Higuain e poi odiato perchè “alla Juve no”. Abbiamo osannato Reina e poi vederlo fare il secondo in una squadra lontana anni luce dal Napoli. E abbiamo riempito di fango Quagliarella, per essere andato via, senza sapere cosa lui stava passando. Lo abbiamo chiamato “Merdarella”, senza sapere con quale forza e dignità manteneva riserbo e silenzio sul suo tormento, in un mondo dove tutti sentono l’esigenza di dire anche quando vanno al bagno e dove sono necessari selfie nutellosi per prendere voti. Forse dovremmo sentirci un po’ coglioni a stare ancora dietro ai “sentimenti” relativi ai singoli calciatori.
L’unico sentimento a cui dovremmo aggrapparci è, appunto, “la maglia”. E fregarcene dell’amore presunto che tale giocatore prova o pensa o finge di provare per la maglia o soprattutto per la città. A dispetto di chi reputa questo approccio come “cinico”, è in realtà questa la più alta forma d’amore per il Napoli. Perchè non guarda in faccia a nessuno.
E non c’è uomo migliore di Ancelotti per riprendere questo percorso. Un uomo di mondo, che ne ha viste tante e che ha allenato tanti campioni. Al punto da non scomporsi per la cessione di un totem come Marek Hamsik. E se non si scompone lui, allora dobbiamo sentirci in una botte di ferro. Non è il fesso pensionando che alcuni vogliono raccontarci. Lui è il faro, lui è il garante. Le uniche cose che contano sono il Napoli e la sua competitività. Al cui altare vanno sacrificati i Capitani, la Storia e i totem e, in futuro, se necessario, anche fari e garanti.
P.S.: Benchè non sembri, questo pezzo è dedicato a Fabio Quagliarella. E a tutti quelli che soffrono in silenzio. Che non possono o che non riescono a dire. A tutti quelli che non possono o non riescono a vivere nella loro terra. A tutti quelli che, dovendo abbandonarla, non sopravvivono.
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.
[…]
so che ancora non è finito
il banchetto della miseria ma
finirà…
[Nazim Hikmet]